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S.O.S. professore!

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Fra i compiti oggi richiesti alla scuola quello di assolvere ad una funzione protettiva rispetto ai disagi cui va incontro l’alunno. E non sempre si tratta, naturalmente, solo di disagi legati all’apprendimento ma, piuttosto, di malesseri di vario tipo, spesso concomitanti ad una fase per così dire calda, quella adolescenziale.
Gli studiosi, negli ultimi tempi, hanno reso noto che l’adolescente, di fronte alle trasformazioni e alla ristrutturazione imposte dalla crescita, può arrivare ad esprimere il suo disagio tramite una modalità peculiare di comunicazione che si traduce sostanzialmente in una condotta a rischio.
L’uso di alcol, droghe, fumo, quindi, a questa età non rappresentano che una soluzione, certo inadeguata, cui il ragazzo ricorre per riaffermarsi. In sostanza l’adolescente, pressato da due forze differenti, il desiderio e la realtà, non vedendo riconosciuta la sua individualità in formazione, si affida a realtà fittizie che intravede nei comportamenti devianti.
Fortunatamente egli non vive da solo ma immerso nella società, pertanto, nella maggior parte dei casi, può far ricorso a dei fattori protettivi che gli consentono di uscire indenne dal momento critico. Fra questi: la percezione del gruppo come risorsa; la presenza di adulti in grado di sostituirsi ai genitori.
Relativamente a questo secondo punto, i professori rivestono, per l’alunno in crisi, un’importantissima funzione protettiva. Essi possono infatti favorire la persona su più fronti: nell’acquisizione di responsabilità, maturità ed emancipazione; nel necessario confronto con le sfide continuamente imposte dalla vita; nel prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie risorse (tanto sul piano scolastico quanto su quello affettivo e sociale); nel riconoscimento delle proprie attitudini; nelle riflessioni e discussioni sugli eventi della vita. Tutto ciò deve essere fatto cercando di non assumere atteggiamenti direttivi o giudicanti, dal momento che le critiche ripetute producono solitamente una reazione difensiva, di chiusura e, in questo caso, di possibile reiterazione dei comportamenti inadeguati, oltre che un arresto dell’iniziativa, dell’apprendimento e della creatività.
È auspicabile invece che il ragazzo si senta accettato, responsabilizzato e considerato come essere pensante, il che può portarlo ad una riflessione critica sul suo comportamento nonché a una possibile revisione dei suoi comportamenti devianti.