“Se la riforma costituzionale sul presidenzialismo entrasse in vigore sarebbero necessarie le dimissioni” di Mattarella “per andare all’elezione diretta del capo dello Stato”.
lo ha dichiarato Silvio Berlusconi ed è scattato il putiferio.
Ma aldilà della sua esternazione, attuare il presidenzialismo, così caro al Centrodestra, è possibile difronte a una Carta Costituzionale così rigida in funzione parlamentare?
Per Sabino Cassese, grande giurista, ex giudice della Corte costituzionale e professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa, la questione è complessa perché, se si andasse nella direzione del presidenzialismo, occorrerebbero “poteri che bilanciano altri poteri”.
E poi aggiunge nel corso di una intervista al Corriere della Sera: “Bisogna anche considerare che in Italia il presidenzialismo è visto con preoccupazione per il timore del tiranno, rafforzato dall’affacciarsi di nuove autocrazie, come quella ungherese, quella turca, e in parte quella polacca. I sistemi presidenziali non sono in sé e per sé la fonte di derive autoritarie. Anzi consentono al popolo di esprimersi due volte, di scegliere i membri delle assemblee parlamentari e di scegliere il presidente. Il problema è di definire con precisione i poteri del presidente eletto direttamente dal popolo e di stabilire quali sono i contropoteri e i condizionamenti costituzionali”.
Dunque, precisa Cassese, bisogna che ci sia rispetto “della divisione dei poteri, al controllo dei giudici, all’esistenza di una Corte costituzionale, alla possibilità che il Parlamento abbia una maggioranza di colore diverso da quello del presidente, a regioni con maggioranze diverse da quella centrale. Poteri che bilanciano altri poteri, come deve accadere nelle democrazie. Un sistema di checks and balances, per dirlo con un’espressione americana, che si ispira al principio della divisione dei poteri teorizzato da Montesquieu”.
“Una modificazione in senso presidenziale della Costituzione dovrebbe essere compiuta con la massima cautela, rispettando tutte le garanzie che sono previste nell’articolo 138 della Carta costituzionale”.
E in più, dicono altri costituzionalisti La complessità del passaggio dell’Italia verso una Repubblica di tipo presidenziale richiede soprattutto necessariamente la modifica della Costituzione di almeno 5 articoli. Per realizzarla occorre un ampio consenso: serve la doppia approvazione della nuova legge da parte della Camera dei deputati e del Senato (con tre mesi di tempo per ogni passaggio tra i due rami del Parlamento, per favorire un’ulteriore riflessione) e all’esito c’è la possibilità di un referendum confermativo, da tenersi nel caso in cui l’approvazione parlamentare avvenisse senza la maggioranza qualificata dei due terzi.
Condizione però che verrebbe a mancare se il Centrodestra, come dicono i sondaggi e come la nuova legge elettorale fa prevedere, andrebbe vicino o superasse il 50% dei voti.