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Sale giochi chiuse in orario scolastico. Il Tar non è d’accordo

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Ognuno difende i suoi interessi. E quelli di una sala giochi non possono essere sottomessi alle esigenze formative degli alunni. Quindi qualsiasi divieto di giocare alle slot-machine è improprio. È questo il senso della sentenza emessa qualche giorno fa dal Tar contro il Comune di Verbania a seguito dell’ordinanza emessa nel 2005 dallo stesso Comune per vietare l’apertura in orario scolastico delle 15 sale giochi locali (costrette quindi per oltre sei anni ad aprire solo tra le ore 15 e le 22). I giudici non solo hanno accolto l’istanza (“il Comune si è arrogato una potestà normativa che non trova sostegno in alcuna disposizione legislativa”, mentre la loro competenza rientra nel campo “ordine pubblico e sicurezza” e risulta quindi “esclusiva dello Stato”), ma hanno anche deciso di far riparare il danno causato alla società ricorrente con ben 1 milione e 300mila euro.
Le decisione del Tar ha prodotto, appena resa pubblica, una sfilza di critiche. Soprattutto perché il giudice per dimostrare il danno cagionato alle sole giochi è andato a rispolverare una legge a dir poco anacronistica (risalente al 1931!). È evidente, infatti, che le possibilità che un giovane si assenti da scuola per recarsi alla sala giochi sono decisamente maggiori rispetto all’Italia sotto dittatura di 81 anni fa.
E poi nel frattempo pure le sale giochi si sono moltiplicate. Basti pensare che a Verbania, la cittadina oggetto della sentenza del tribunale regionale, esistono oltre 400 slot-machine: praticamente una ogni 78 abitanti!

C’è poi almeno un’altra considerazione da fare: appare assai curioso il fatto che il Tar non abbia avuto alcuna considerazione dell’aspetto educativo dell’intera vicenda. Oltre che delle iniziative analoghe intraprese da altre amministrazioni. Come quella, da noi riportata qualche settimana fa, che ha avuto come protagonista la giunta municipale di Firenze. La quale non ha posto limiti orari (evidentemente a rischio ricorso…), ma ha varato un regolamento ad hoc per sale giochi, videopoker e slot-machine. Ebbene, nel capoluogo toscano non potranno più né essere aperte, né messe a disposizioni, tramite altri locali, entro cinquecento metri da scuole, ospedali, centri di recupero o riposo, luoghi di culto. Mentre ad Empoli, riportava lo stesso articolo, il sindaco ha preso una decisione analoga a quella del suo collega di Verbania: porte chiuse di mattina per tutte le sale giochi. Segno che il problema educativo e sociale esiste. E che ogni Comune corre ai ripari con le ordinanze che ritiene più opportune.
La domanda, in conclusione, sorge spontanea. Perché lo Stato, visto che su certe tematiche sono di sua “competenza esclusiva”, non interviene una volta per tutte introducendo delle regole che tutelino nei limiti del possibile tutte le parti coinvolte? Oppure lo Stato, che dalle sale giochi percepisce percentuali tutt’altro che trascurabili, preferisce lasciare le cose così, che si stabilizzino in modo naturale?