C’è poi almeno un’altra considerazione da fare: appare assai curioso il fatto che il Tar non abbia avuto alcuna considerazione dell’aspetto educativo dell’intera vicenda. Oltre che delle iniziative analoghe intraprese da altre amministrazioni. Come quella, da noi riportata qualche settimana fa, che ha avuto come protagonista la giunta municipale di Firenze. La quale non ha posto limiti orari (evidentemente a rischio ricorso…), ma ha varato un regolamento ad hoc per sale giochi, videopoker e slot-machine. Ebbene, nel capoluogo toscano non potranno più né essere aperte, né messe a disposizioni, tramite altri locali, entro cinquecento metri da scuole, ospedali, centri di recupero o riposo, luoghi di culto. Mentre ad Empoli, riportava lo stesso articolo, il sindaco ha preso una decisione analoga a quella del suo collega di Verbania: porte chiuse di mattina per tutte le sale giochi. Segno che il problema educativo e sociale esiste. E che ogni Comune corre ai ripari con le ordinanze che ritiene più opportune.
La domanda, in conclusione, sorge spontanea. Perché lo Stato, visto che su certe tematiche sono di sua “competenza esclusiva”, non interviene una volta per tutte introducendo delle regole che tutelino nei limiti del possibile tutte le parti coinvolte? Oppure lo Stato, che dalle sale giochi percepisce percentuali tutt’altro che trascurabili, preferisce lasciare le cose così, che si stabilizzino in modo naturale?
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