In un periodo avaro di offerte di lavoro, come quello che stiamo vivendo, per molti giovani conoscere quali sono le professioni a minor rischio disoccupazione può essere un’informazione molto utile. Negli ultimi tempi tra gli studi che garantiscono maggiori possibilità di impiego si annoverano quelli legati all’ambiente e allo sviluppo sostenibile: basta dire che appena un anno dopo il completamento del master, ben l’80,6% degli intervistati risulta essere occupato.
Il dato emerge da una ricerca condotta dall’Isfol dal titolo “Progetto Ambiente” e presentata il 22 gennaio: secondo i ricercatori l’occupazione trovata è di alto profilo e in buona misura coerente con la formazione realizzata (particolarità negli ultimi tempi sempre meno realizzata tra i laureati).
“Circa il 58% degli occupati – spiegano dall’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori – ha raggiunto l’obiettivo di far coincidere il proprio percorso di studi con le aspirazioni professionali e il lavoro svolto. Il 68% degli occupati ha trovato una collocazione rispondente al livello formativo acquisito: il 31% circa ha un lavoro nell’ambito delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, il 31,7% svolge professioni di tipo tecnico ed il 5,2% è collocato nelle posizioni di legislatore, dirigente, imprenditore”.
A dare maggiori garanzie di successo per quanto concerne la collocazione lavorativa sono i master ambientali di II livello con l’85% di occupati, seguono i master privati con l’83%. Da questo si desume il perché dal 1999 ad oggi i master di questo genere, quasi sempre organizzati dalle Università su tutto il territorio nazionale, si siano quintuplicati: da 60 corsi di specializzazione post-laurea organizzati nel 1999/2000 si è passati a quasi 300 nel 2007-2008. E la tendenza per l’a.a. 2008/2009 va nella direzione di un ulteriore incremento.
Anche se i master ambientali rispondono a fabbisogni professionali e formativi espressi dai sistemi territoriali ed economici non sono ancora molto praticate le azioni di concertazione con il territorio e le conseguenti rilevazioni dei fabbisogni: “dovrà essere posta maggiore attenzione a questo passaggio – spiegano dall’Isfol – per far sì che il segmento formativo relativo all’ambiente possa giocare un ruolo di anticipatore dei futuri fabbisogni professionali e formativi, proponendo figure innovative che rispondano in modo rapido ai nuovi ‘mercati verdi’ in espansione”.
Se poi si considerano anche i corsi non universitari (organizzati da scuole, enti di formazione, consorzi, associazioni, imprese, ecc.), i numeri diventano mastodontici: sull’ambiente vengono realizzati, da più di 500 enti pubblici e privati, mediamente circa 2.000 corsi l’anno. Significativi i dati su la partecipazione media annuale stimata tra le 50.000 e le 55.000 persone. Un importante aumento dell’attività formativa programmata si registra nel Mezzogiorno che segna un incremento del 29,9% nell’a.a. 2007-2008.
Molto interessanti sono anche i dati Isfol relativi alle tendenze del mercato del lavoro dal 1993 al 2008: nel settore ambientale si registra un trend positivo (+41%) che ha fatto incrementare i 263.900 occupati del 1993 ai 372.100 del 2008. A caratterizzare maggiormente il dato è la connotazione di genere dello stesso: il mercato del lavoro ambientale (il cosiddetto green job) valorizza le donne. La componente femminile è passata dal 12,7% del 1993 al 25,5% del 2008. Come dire: l’ambiente si colora sempre più di rosa.