Il cappello di un articolo pubblicato l’otto febbraio 2016 su Il Fatto Quotidiano recitava così recitava così: “dei 900 milioni che l’Italia versa all’Europa per la ricerca, solo 600 tornano nelle tasche dei ricercatori italiani. Gli altri 300 finiscono ai Paesi europei dove la ricerca gode già di ottima salute. Alle denunce dell’associazione di ricercatori Roars, si aggiunge ora la lettera di uno dei maggiori fisici italiani, Giorgio Parisi, appena pubblicata dalla rivista internazionale Nature. Che sta facendo molto discutere”.
La lettera citata nell’articolo la possiamo trovare sia in italiano che in inglese all’interno di una petizione che ha raggiunto 42.143 firme di sostenitori, organizzata dallo stesso fisico romano. La lettera indirizzata all’Unione Europea dice: “ Chiediamo all’Unione Europea di spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza. Questo permetterebbe a tutti gli scienziati europei – e non solo a quelli britannici, tedeschi e scandinavi – di concorrere per i fondi di ricerca Horizon 2020. In Europa i fondi di ricerca pubblici sono erogati sia dalla Commissione Europea che dai governi nazionali. La Commissione finanzia principalmente grandi progetti di collaborazione internazionali, spesso in aree di ricerca applicata, e i governi nazionali finanziano invece – oltre che i propri progetti strategici – programmi scientifici su scala più piccola, e operati ‘dal basso’. Ma non tutti gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio l’Italia trascura gravemente la ricerca di base. Oramai da decenni il CNR non riesce a finanziare la ricerca di base, operando in un regime di perenne carenza di risorse. I fondi per la ricerca sono stati ridotti al lumicino. I PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) sono rimasti inattivi dal 2012, fatta eccezione per alcune piccole iniziative destinate a giovani ricercatori. I fondi di quest’anno per i PRIN, 92 milioni di Euro per coprire tutte la aree di ricerca, sono troppo pochi e arrivano troppo tardi, specialmente se paragonati per esempio al bilancio annuale dell’Agenzia della Ricerca Scientifica Francese (corrispondente ai PRIN italiani) che si attesta su un miliardo di Euro l’anno. Nel periodo 2007-2013 l’Italia ha contribuito al settimo ‘Programma Quadro’ europeo per la ricerca scientifica per un ammontare di 900 milioni l’anno, con un ritorno di soli 600 milioni. Insomma l’incapacità del Governo Italiano di alimentare la ricerca di base ha causato una perdita di 300 milioni l’anno per la scienza italiana e quindi per l’Italia. Se si vuole evitare che la ricerca si sviluppi in modo distorto nei vari Paesi europei, le politiche nazionali devono essere coerenti tra di loro e garantire una ripartizione equilibrata delle risorse”.
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