La proposta di legge sulla regionalizzazione già approvata un anno fa dalla Regione Veneto sarà fatta propria dal Governo in tempi molto rapidi: lo ha ribadito poche ore fa il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini (è curioso che questo annuncio arrivi proprio il 4 novembre, giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate).
La proposta del Veneto, sulla quale abbiamo già più volte fornito notizie e informazioni, si fonda su quanto stabilito dall’articolo 116 della Costituzione e prevede un ampliamento delle competenze della Regione anche in materia di istruzione.
La proposta di legge, votata un anno fa dal Consiglio regionale con il voto favorevole del Movimento 5 Stelle, prevede anche che i docenti delle scuole statali passino alle dipendenze della regione, esattamente come avviene oggi in Valle d’Aosta e in Trentino Alto-Adige.
Su questa ipotesi si sono pronunciati nettamente contro le organizzazione sindacali, numerose associazioni professionali e persino diversi parlamentari del M5S che sostengono che il voto favorevole di M5S del Veneto non impegna in alcun modo il Movimento a livello nazionale.
Salvini, però, sembra intenzionato ad andare avanti e di sostenere la richiesta del governatore veneto Luca Zaia anche perché, per la verità, il tema è esplicitamente richiamato nel punto 20 del Contratto di Governo:
“Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte. Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse”.
La questione è particolarmente delicata perché a Di Maio non sarà facile “far digerire” questo boccone ai suoi parlamentari e soprattutto alla “base” del Movimento che ogni giorno di più mostra segni di insofferenza verso scelte che sembra sostanzialmente imposte dalla Lega e non frutto di un sereno confronto politico fra le parti.
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