“Da papà, prima che da politico, io sto con queste 43.000 MAESTRE azzerate da Renzi e dal PD. Alla faccia della “buona scuola”, una delle prime leggi che cambieremo al governo”.
Lo scrive Matteo Salvini in un tweet, minacciando appunto di azzerare la “buona scuola”, come del resto minacciò il Pd di azzerare la riforma Gelmini e come minacciò Berlusconi di azzerare la riforma Berlinguer.
Prima di lui infatti tutti i ministri della Pubblica (!) Istruzione, ad eccezione di Giancarlo Lombardi, erano stati democristiani e quindi il problema non si poneva, per cui le riforme della scuola erano effettate senza clamore e con un pizzico di riservatezza.
Oggi invece, in pratica, ad ogni elezione politica, e con la cosiddetta Seconda Repubblica, si assiste a una sorta di avvicendamento di “corsi e ricorsi storici” fra i cui interstizi però appare Brenno, il capo dei Galli Senoni, quello del primo sacco di Roma e che alla fine mise la sua spada sulla bilancia dei Romani per affermare il peso del potere e quindi della sconfitta perpetrata sull’avversario, declamando: Guai ai Vinti!
Sicuramente è facile dire: “cambieremo”, più difficile spiegare come, mentre il popolo della scuola sta a guardare, tra l’incredulo e il diffidente, che questa buriana della campagna elettorale passi per vedere che succede.
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