Sui fondi pubblici da destinare alle scuole paritarie, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini non ha dubbi: vanno assegnati, altrimenti un milione di bambini non andrebbero l’opportunità di andare a scuola. Il leader leghista lo ha detto, a chiare lettere, intervenendo sabato 30 marzo al Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona.
“La scuola pubblica non ce la fa”
Secondo Matteo Salvini, in via preliminare, “è necessaria la libertà di scelta anche educativa”.
Ma per il vicepremier ci sono poi le esigenze oggettive da considerare. “Penso al milione di bimbi che – ha detto il legista – vanno alle scuole paritarie. Chi dice di togliere i soldi alle private ignora che se così fosse si lascerebbero tanti bimbi in mezzo alla strada perché la scuola pubblica non ce la fa”.
Il riferimento di Matteo Salvini è soprattutto a quelle scuole dell’infanzia e primarie gestite non da strutture afferenti allo Stato, ma di tipo paritario e spesso facenti capo a gestioni ecclesiastiche.
Allo Stato in effetti conviene
Qualora la loro offerta formativa dovesse venire meno, lo Stato dovrebbe farsi carico direttamente di quell’offerta formativa. E con costi decisamente più alti rispetto a quelli assegnati oggi annualmente alle scuole paritarie.
Insomma, si può essere d’accordo o meno, ma è un dato di fatto che a chi governa conviene molto, conti alla mano, che le scuole paritarie rimangano in vita: sottraendo allo Stato qualche migliaio di euro ad alunno e chiedendo una retta mensile alle famiglie, si riescono a soddisfare le esigenze formative di tanti alunni che altrimenti rischierebbero molti di rimanere sguarniti.
Aninsei: i docenti delle paritarie molto preparati
Lo stesso giorno, l’Associazione nazionale degli istituti non statali di educazione e istruzione (Aninsei), promotrice di un convegno a Milano, ha detto che i docenti della scuola paritaria sarebbero molto preparati, tanto da vincere i concorsi: quando partecipano ai concorsi pubblici arrivano anche prima degli altri, lasciando in questo modo scoperti i posti negli istituti non statali, dove il ricambio è ora complicato dalla mancanza di docenti abilitati che occorre tornare a formare.