Il vicepremier Matteo Salvini si comporta come un bullo di 10 anni che frequenta l’ultimo anno della primaria: è il questo il pensiero di Umberto Galimberti del leader leghista. Ospite di Tagadà, su La7, il filosofo ha detto che Salvini “non è un fascista, perché i fascisti hanno una visione, lui non ha neanche quella. Salvini fa il fascista eventualmente. In realtà, i suoi comportamenti assomigliano a quelli di un bullo di periferia. Se lui facesse la quinta elementare, sarebbe qualificato come un bullo”.
Per Galimberti, il politico Salvini parla per slogan. Lo fa chiaramente, ad esempio, quando dice “‘sono il padre di 60 milioni di italiani’ oppure ‘lo dico da papà’, perché è un messaggio efficace che dà un senso di sicurezza e di protezione alla gente che ha delle insicurezze economiche. E tutte queste forme di rassicurazione fanno pensare che, se ci fosse lui al governo, i problemi sarebbero risolti”.
Il giudizio di Galimberti su Matteo Salvini è durissimo: la strategia di del leader del Carroccio lo porterebbe ad usare “il rosario, anche se non so quanto creda in Dio o nelle pratiche religiose. La verità è che lui ha solo bisogno di voti per fare maggioranza. I suoi slogan sono efficaci perché non sono un sillogismo. Dopo che lui ha enunciato una certa cosa, non c’è mai un ragionamento su come realizzare quella cosa. Questo non accade mai, perché il ragionamento è una cosa molto difficile per Salvini”, dice ancora il professore universitario.
Umberto Galimberti, infine, ha fatto un’analisi delle politiche fallimentari che hanno caratterizzato la mancata crescita qualitativa dell’istruzione in Italia: “Non voglio dare dell’ignorante a nessuno, ma la scuola da 40 anni non funziona: non leggiamo e quindi non coltiviamo la nostra mente, siamo all’ultimo posto in Europa per la comprensione di un testo scritto (problema alla base del dilagare dell’analfabetismo funzionale n.d.r.), come attesta una relazione dell’Ocse. Tutto questo lascia intendere che l’ignoranza, proprio perché non pensa e non ragiona, si lascia affascinare dagli slogan”.
“A questo si aggiunge il fatto che soprattutto i più giovani, vivendo nel mondo dell’informatica dove il rapporto tra domanda e risposta deve essere iper-velocizzato, finiscono col dare risposte su base emotiva. Cioè si vota non una idea o un partito o un programma, ma un leader che ci piace. Non è una novità, ma questo fatto oggi è esasperato”.
Non vogliamo entrare nel merito delle critiche del filosofo. L’unica cosa che ci sentiamo di dire è che i livelli di acquisizione delle conoscenze e competenze da parte dei nostri alunni sono in deciso calo. Lo stesso D.lgs 62/2017, abbiamo scritto su questa testata, all’articolo 3 decreta: «Le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione».
Si può, sì, negare l’ammissione alla classe successiva, ma «solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione», e per di più con decisione presa all’unanimità.
Questo significa che anche coloro che non raggiungono livelli sufficienti vanno promossi.
E anche per gli alunni delle medie, la Circolare Ministeriale 1865/2017 ha precisato: «Solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, sulla base dei criteri definiti dal collegio dei docenti, i docenti della classe, in sede di scrutinio finale presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, possono non ammettere l’alunna o l’alunno alla classe successiva. La decisione è assunta all’unanimità». Paletti chiari, precisi e non derogabili.
Quest’anno infine, il Consiglio di classe potrà deliberare l’ammissione alla maturità anche con una insufficienza in una disciplina o gruppo di discipline valutate con un unico voto, ma dovrà motivare la propria scelta. E si potrà ammettere agli Esami di Stato anche con media inferiore 6.
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