Per una volta siamo d’accordo con Antonello Giannelli, presidente dell’ANP: «Reintrodurre il grembiule nelle scuole è possibile ma non mi sembra questa la questione fondamentale. L’emergenza è un’altra: abbiamo solai e controsoffitti delle scuole che andrebbero monitorati, ogni settimana c’è un crollo». La dichiarazione ha fatto seguito quella di Matteo Salvini sulla reintroduzione del grembiule (cui anche Bussetti si era già dichiarato favorevole).
Analizziamo le parole del Ministro dell’Interno. Primo punto: «Abbiamo appena reintrodotto l’educazione civica a scuola». È consapevole l’ottimo “Vicepremier” che l’educazione civica non era mai stata abolita? Praticamente è come se la Ministra per il Sud Barbara Lezzi annunciasse trionfalmente «Abbiamo appena reintrodotto la pizza a Napoli». Come ben sanno tutti i docenti di storia, infatti, non è possibile insegnare la Storia stessa — dai Sumeri a Matteo Salvini — senza parlare di diritti, doveri, leggi, Costituzione, proprietà, questioni sociali. In due parole, “educazione civica”. Ça va sans dire.
Secondo punto: «Vorrei che tornasse anche il grembiule per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l’ha di terza mano perché non può permettersela». In effetti, un po’ di sano egualitarismo non guasterebbe nella Scuola italiana, dove troppi alunni d’ambo i sessi son bullizzati perché il loro abbigliamento non è alla moda né firmato. I giovani hanno totalmente assorbito l’ideologia del consumo omologante e della ricchezza esibita: oggi il tabù non è il sesso, ma la povertà. Tanto che i ragazzini s’insultano vicenda dandosi del “povero” (quando non del “profugo”), e — se residenti nei quartieri “bene” e dotati di “macchinetta” — definiscono l’autobus “trasportapoveri”. Il grembiule metterebbe un freno, forse, all’esibizione in classe delle differenze discriminanti. Tuttavia, come giustamente fa rilevare Giannelli, ci sono problemi ben più urgenti da risolvere nella Scuola italiana (non ultimo, quello della sicurezza degli edifici, se non vogliamo piangere le prossime vittime tra docenti, non docenti e studenti).
Inoltre, se l’onorevole Salvini volesse davvero rafforzare l’efficienza della Scuola e l’egualitarismo nelle aule, non avrebbe che l’imbarazzo della scelta. Tanto per cominciare, dovrebbe portare l’obbligo scolastico a 18 anni: così tutti (anche i più poveri) potrebbero approfondire la propria preparazione culturale, con beneficio per l’intero Paese.
Quindi dovrebbe rendere l’obbligo scolastico realmente tale, con controlli severi e severe sanzioni per i genitori inadempienti. Poi dovrebbe portare il numero massimo di alunni per classe a 20 (15 in presenza di disabili). Quindi dedicarsi seriamente all’edilizia scolastica, pressoché ferma da 40 anni. Infine rendere realmente (e totalmente) gratuite le scuole (e le università) per tutti i figli di genitori con reddito complessivo non superiore ai 120.000 euro lordi annui; senza balzelli, contributi “volontari” coatti e amenità consimili; e rendere totalmente gratuiti i libri per le famiglie con reddito complessivo inferiore ai 60.000 euro. Non sarebbe stato meglio finanziare tutto ciò, anziché il “reddito di cittadinanza”? La democrazia non parte anzitutto dalla Scuola? Che ne pensano gli amici del M5S?
Sarebbe poi cosa buona e giusta permettere ai docenti di difendere (anche coi tanto vituperati provvedimenti disciplinari) gli alunni bullizzati perché bravi a scuola; permettere ai docenti di bocciare chi non studia, chi è violento coi compagni e coi docenti stessi, chi non conosce l’educazione (civica o meno che sia); permettere ai docenti di valutare secondo scienza e coscienza.
Terzo punto: «Ma sento già chi griderà allo scandalo ed evocherà il duce». Excusatio non petita: chi mai potrebbe sospettare il Ministro di contiguità col fascismo, vista la sua totale dedizione agli ideali della Resistenza?
Quarto punto: «Un paese migliore si costruisce anche con ordine e disciplina». Innegabile, benché già sentito: «La libertà senza ordine e senza disciplina significa dissoluzione e catastrofe», disse il 24 ottobre 1923, nell’atrio del Municipio di Torino, un certo Benito Mussolini, da quasi un anno al Governo. «Disciplina ed ordine formano la grandezza di un popolo», recitava una scritta ufficiale degli anni ’30 su un’abitazione di Villarboit, presso Vercelli. «La parola d’ordine non può essere che questa: disciplina». Semplici e banali coincidenze, ci mancherebbe altro. Chi potrebbe dubitare che Salvini è antifascista (malgrado qualche sua remora dichiararlo)?
Chi ama la Patria, sicuramente ama la Scuola, che forma i cittadini di domani. E, con la regionalizzazione (cui anche i Sindacati maggiori daranno una mano non partecipando al prossimo sciopero del 17 maggio confermato da UNICOBAS, COBAS, ANIEF e CUB), Salvini e l’attuale Governo avranno modo di renderla migliore, con effetti benefici per la propria Patria, che Salvini ama: la Lombardia, ovviamente.
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