Sulla scuola il Partito Democratico ha bluffato: a posto degli investimenti annunciati è stata fatta una sottile ‘partita di giro’. E con la riforma della “Buona Scuola” sono state approvate delle norme che hanno danneggiato i docenti e il personale. A dirlo alla Tecnica della Scuola è Matteo Salvini, candidato premier della Lega Nord in occasione delle prossime elezioni politiche di inizio marzo.
Nell’intervista, incentrata sui problemi che affliggono l’istruzione pubblica, il leader del Carroccio si impegna a smontare la Legge 107/15, “da rivedere in maniera radicale”, e a trovare, una volta al Governo, delle soluzioni per dare una collocazione stabile ai tanti precari, ad iniziare dai maestri con diploma magistrale, che dopo anni di supplenze si ritrovano con poche prospettive.
Poi, Salvini promette un nuovo reclutamento, su base regionale, utile a salvaguardare quella continuità didattica da tutti invocata ma di fatto difficile da realizzare.
L’ultima precisazione è sulle vacanze estive previste dal calendario scolastico: sono troppo lunghe per gli studenti, mai pensato che debbano andare ridotte agli insegnanti.
Salvini, tutti i governi reputano fondamentale la scuola in campagna elettorale, ma poi in Parlamento la considerano quasi sempre uno spreco su cui non investire. Ci dice perché la Lega non seguirà questo canovaccio?
I miliardi che Renzi millanta di aver assegnato alla scuola non esistono. Le difficoltà in cui si dibattono gli istituti sono evidenti. E la conferma arriva dal Def (Documento di economia e finanza del Governo) secondo il quale la spesa per l’istruzione, che nel 2010 rappresentava il 3,9% del Pil, è calata al 3,6% e lo stesso Pd prevede che scenda addirittura al 3,5% nel 2020 e al 3,4% nel 2025. Renzi ha cioè solo spostato i fondi da un capitolo di spesa a un altro, a seconda delle sue necessità propagandistiche. La Lega si impegna a invertire tale tendenza, affinché le risorse in più per la scuola diventino reali.
Se la coalizione di centrodestra dovesse vincere le elezioni, quali provvedimenti adotterà per risollevare l’istruzione pubblica del Paese?
Sarà la rivoluzione del buonsenso, puntando soprattutto sulla qualità del corpo docente, che è data dai titoli ma anche dall’esperienza. Un comma della “Buona scuola” prevede che dopo 36 mesi da precario, se non vieni assunto a tempo indeterminato, lo Stato ti lasci a casa disperdendo il bagaglio di esperienza che hai maturato. Nel nostro programma c’è l’impegno a sostituire tale comma, ribaltando l’interpretazione data dal Pd a una direttiva europea. Cosa che restituirà un po’ di tranquillità alle “maestre” e a decine di migliaia di altri precari. Serviranno poi correttivi alla disomogeneità di valutazione sul territorio e il superamento dei trasferimenti più o meno forzosi di insegnanti da una parte all’altra della Penisola.
Prevedete novità anche per il reclutamento?
Dopo una fase transitoria per risolvere le criticità sedimentatesi in questi anni (rispettando le peculiarità delle singole categorie), affronteremo la questione col reclutamento degli insegnanti su base regionale. Il “domicilio professionale” consentirà di scegliere in totale libertà la regione dove proporsi, per poi confrontarsi con gli altri candidati a pari condizioni, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo. Il maggior radicamento dei docenti favorirà tra l’altro quella continuità didattica, la cui mancanza è spesso all’origine dell’insuccesso degli studenti e che, in particolare, va assolutamente garantita ai ragazzi con difficoltà.
Nel vostro programma elettorale è prevista la cancellazione della riforma Renzi-Giannini, la cosiddetta “Buona scuola”: ma di tutte le norme o solo di una parte?
Il meccanismo è da rivedere in maniera radicale. Non ci sono solo i commi che interpretano direttive europee a danno di chi opera nella scuola. Il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, considera ad esempio “falso” parlare di abolizione di fatto della bocciatura, ma lei stessa ha confermato la novità dell’ammissione “anche in caso di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”, giustificandola con la necessità di un diverso sistema di valutazione che aiuti a “superare le lacune formative” e tenga conto dei “tempi soggettivi di apprendimento”. Da parte nostra temiamo si tratti invece dell’ennesima spallata al merito nella scuola pubblica, che toglie altro valore a titoli già poco considerati. C’è poi il cosiddetto “potenziamento”, attivato senza neppure informarsi su quali competenze i singoli istituti intendessero puntare per potenziarsi.
Lei saprà che ci sono molti vincitori di concorso mai assunti: cosa si sente di dire in merito?
C’è il mio impegno, una volta al governo, a garantire il rispetto della legge che stabilisce il diritto all’immissione in ruolo di tutti i vincitori di concorso, dopo il pasticcio della selezione legata alla “Buona Scuola”, un’operazione maldestra che ha assegnato posti a fantasia essendo stati indicati prima della mobilità straordinaria. Vanno inoltre implementate le stabilizzazioni, non solo per favorire la continuità didattica, ma anche perché dietro ogni insegnante c’è una famiglia che per crescere figli ha bisogno di sicurezze. Va infine aggiornata l’alternanza scuola-lavoro, che non può diventare sfruttamento, con gli studenti spesso coinvolti in situazioni che di formativo hanno poco o nulla. Dobbiamo garantire qualità oltre che, ovviamente, congruenza fra alternanza e indirizzo di studi.
Gli ultimi governi hanno osteggiato i maestri con diploma magistrale, respingendo le loro richieste di inserimento nelle GaE, con il Consiglio di Stato che ora gli ha dato anche ragion: qual è la vostra posizione in merito?
Da subito ci siamo mossi offrendo la traccia di un’eventuale intesa tra le categorie interessate per arrivare a una soluzione non solo praticabile, ma il più possibile condivisa, che non lasci a casa chi insegna con passione da una vita. La politica a quel punto non potrà che prenderne atto.
L’altra estate era circolata la voce, peraltro subito smentita, che lei avesse parlato di docenti che fanno tre mesi di vacanze…
Una fake: non ho mai parlato delle ferie degli insegnanti. Che l’Italia sia il Paese in cui la scuola garantisce tre mesi di vacanze consecutive, è un dato di fatto, ma ovviamente riferito agli studenti. Avevo partecipato a un incontro dal titolo “Riprendiamoci il lavoro“. Le mie parole erano state: “Per la scuola siamo l’unico Paese che fa tre mesi di vacanze consecutive all’anno e se non ci sono i nonni, si resta fregati“. Mi riferivo ai genitori che lavorano e d’estate non sanno a chi affidare i figli. Gli insegnanti non c’entrano. È un problema segnalato da molte famiglie, per il quale vanno trovate soluzioni, non necessariamente legate a studio e strutture scolastiche.
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