Referendum ed elezioni amministrative di metà giugno hanno pochi vincitori e tanti vinti. Se la disfatta del Movimento 5 stelle era nell’aria, quella della Lega non era scontata. Il partito guidato da Matteo Salvini paga, evidentemente, il suo attaccamento ad un Governo, l’attuale targato Mario Draghi, che con il passare dei mesi sta perdendo consensi. Non è un caso che Fratelli d’Italia, unico grande partito a rimanere fuori dall’Esecutivo, abbia invece sensibilmente incrementato i voti. La Lega, però, ha già pronta la “contromossa”: l’uscita dal Governo. A farlo intendere è stato il suo leader, del resto abituato ad addii clamorosi, come quello al primo Conte: dal Governo “attendo risposte entro l’estate. Temo un autunno molto difficile”, ha detto Salvini il 15 giugno al Corriere della Sera.
Il numero uno della Lega pone le condizioni, legate a doppio filo con la Legge di Bilancio 2023: “Ci sono tre mesi per sminare il terreno. Torneremo sul pratone di Pontida il 18 settembre. Per quella data vogliamo risposte”.
Poi, se la prende con i tanti ministri, compreso quello dell’Istruzione, che osteggiano l’azione leghista, come se fosse quella di un partito d’opposizione.
“Abbiamo deciso di appoggiare il Governo – dice Salvini – perché era necessario non lasciare il Paese nelle mani di Pd e 5 Stelle che lo stavano sfasciando. Ora tutti quei dirigenti e militanti, compresi Zaia e Fedriga, che credevano in Draghi e in questo Governo col perseverare degli errori di Speranza e Lamorgese, di Bianchi (fautore del DL 36 che cambia reclutamento e formazione ndr) e Giovannini, mi chiedono di rifletterci bene… Draghi deve sapere che ci sono temi su cui non siamo disposti a transigere”.
Il problema dell’Esecutivo, dice, è “che appare sbilanciato a sinistra su troppi temi. Su pace fiscale, pensioni, immigrazione, giustizia. Serve un cambio di passo”.
Per il leader della Lega il governo Draghi dovrebbe fare la pace fiscale “a beneficio non dei grandi evasori, superare definitivamente la Fornero trovando l’accordo su quota 41 entro la fine dell’anno. Quindi, sigillare i confini visto che dall’inizio dell’anno si contano già 22 mila arrivi”.
Salvini è preoccupato anche di “difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni”: sui primi, gli stipendi, sa bene che c’è tanto malcontento. Ad iniziare dal pubblico impiego, dove si attende il rinnovo contrattuale da ormai tre anni e mezzo e le prospettive di aumento stipendiale (comunque da realizzare non prima dell’autunno) raggiungono stento le tre cifre per le quali a fine 2019 lasciò il ministero dell’Istruzione l’allora grillino Lorenzo Fioramonti.
In vista della nuova legislatura, poi, il leghista sostiene che “gli elettori hanno sempre ragione, ma credo che alle Politiche il primo partito del centrodestra sarà la Lega”.
È chiaro che Salvini parli ormai per sé e per la Lega. Il ragionamento espresso, in serata, durante Porta e Porta, è evidente.
Prima spiega che “in un momento di epidemia con gli ospedali pieni e il presidente Mattarella che ti chiede se ci sei, io mi tolgo la casacca della Lega e mi tengo quella di italiano e dico sì”.
Poi ammette che se contava “di guadagnare voti, dico no e non li ho guadagnati”. Il problema è che ne sta perdendo tantissimi, almeno a guardare l’esito delle amministrative.
Quindi, passa al contrattacco anche davanti a Bruno Vespa: “Se questo governo non taglia le tasse, non toglie la Fornero, non fa la pace fiscale dopo una pandemia e una guerra…o questo è un governo che taglia tasse oppure alla lunga è complicato starci”.
Quindi ha parlato del suo viaggio in Russia, annunciato e poi annullato (“avrei avvisato tutti, se fossi partito per Mosca. Il solo annuncio ha aperto un pandemonio, come se andassi ad armare una guerra. Vado avanti con trasparenza e a testa alta, ma ci sono rimasto male”) della proroga dell’obbligo della mascherina fino al 30 settembre per tutti i mezzi di trasporto, facoltative in aereo (“il 90% dei Paesi Ue ha tenuto l’obbligo per ospedali e case di riposo ma per prendere tram e bus ad agosto con 40 gradi tenerla non ha nessun senso medico”) e su salario minimo (“per come è stato congegnato dai 5 Stelle, danneggerebbe il 90% dei lavoratori italiani perché abbasserebbe il minimo contrattuale di chi ha un contratto collettivo nazionale”).
Insomma, la presenza della Lega al Governo appare sempre più quella di un separato in casa. Intanto, tra chi al Governo rimane fedele e senza mai fare polemiche figura il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi.
Ospite di ‘Mattina 24’ su RaiNews24, rispondendo proprio alle critiche mosse dal leader della Lega Matteo Salvini al Governo, il numero uno del dicastero di Viale Trastevere ha detto che “per tutta la vita” ha “considerato le critiche un fattore di stimolo importante. Quindi benissimo le critiche, ci ragioniamo su insieme con gli altri colleghi e procediamo serenamente nel nostro lavoro rivolto ai nostri ragazzi e ai nostri bambini”.
Come dire, Salvini parli pure: noi andiamo avanti per la nostra strada. Che non è più quella della Lega.
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