Franca Di Blasio, la professoressa cinquantaquattrenne sfregiata
dall’alunno che non voleva essere interrogato, non fa che assumersi la responsabilità per quello che è successo. Ripete più volte che l’aggressione che le è costata 32 punti di sutura al volto è anche frutto di qualcosa che non ha funzionato nel rapporto tra docente e studente. Non punta il dito contro la scuola, non contro la famiglia, non contro il ragazzo. Solo una certezza: “Mai lascerò la scuola, è la mia vita, e quei ragazzi sono come figli”.
Dal letto dell’ospedale di Maddaloni dove è ricoverata dal
1° febbraio, la docente di italiano all’Istituto Commerciale Majorana di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, assicura che il suo obiettivo è tornare il prima possibile in cattedra e che a quel ragazzo vuole ancora bene. “Sono molto, molto provata in questo momento.
Fisicamente e psicologicamente” dice. “Non riesco a capire come possa essere successo. Non riesco proprio a spiegarmelo. È come se mi fosse crollato il mondo addosso. Qualcosa non ha funzionato. Avrò commesso un errore, non so. Ma sento di aver fallito. Il mio pensiero va sempre e soltanto a quel ragazzo”.
Lo scorso 5 febbraio Franca Di Blasio è stata accolta a Palazzo Chigi, dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ed elogiata per le sue doti umane, “per le sue qualità di professoressa”. Quindi è stata incoraggiata ed elogiata anche dall’attuale ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
Questa è la sintesi dei fatti. C’è una cosa che mi lascia molto
perplesso e che persino mi irrita, in questa vicenda: la totale assenza dei genitori, della famiglia dello studente. E d’altronde è questo il punto, il nodo cruciale, oggi, nelle scuole italiane. Ragazzi e ragazzesenza educazione, senza valori, senza contenimento. Senza una direzione.
Ragazzi e ragazze senza una vera famiglia. Senza amore. Un vuoto grave.
Spaventoso. E questo vuoto, questa assenza, questo danno esistenziale non illudiamoci che possa essere colmato dalla scuola, cara collega Franca Di Blasio.
Leandro Janni
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