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Sani (Scuola Repubblica): la liturgia cattolica va rispettata in Chiesa, non a scuola

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Le ultime polemiche sulla pertinenza delle tradizionali celebrazioni delle festività natalizie a scuola, stanno dividendo docenti, addetti ai lavori, cittadini. Per offrire un quadro esauriente dei vari punti di vista, spesso contrapposti, La Tecnica della Scuola ha ascoltato le ragioni di alcuni dei rappresentanti delle diverse posizioni.

Iniziamo questa serie di interviste, proponendovi quella ad Antonia Sani, già coordinatrice dell’associazione nazionale “Per la Scuola della Repubblica”.

 

Dottoressa Sani, perchè le feste pre-natalizie non dovrebbero essere più svolte?
Se si intendono con questa espressione le feste natalizie come preparazione al Natale (recite, presepio, messe natalizie, visite pastorali e simili)  penso che la scuola laica, pluralista non debba essere il luogo dove ci si prepara a una celebrazione appartenente a una particolare fede religiosa. Anche se il simbolo identitario è quello per la maggioranza della popolazione.

 

Ma ormai per molti il Natale non è solo la natività?

È vero, c’è un aspetto che non ha direttamente a che fare con la fede religiosa, ma è divenuto momento di socializzazione per molti genitori anche di confessioni diverse, addirittura anche di non credenti, vale a dire la “festa”, scambio di auguri con gli insegnanti sotto l’albero, il sentirsi parte della comunità scolastica. Tutto ciò rende difficile, quasi incomprensibile, la difesa della laicità della scuola pubblica, a fronte di una ritualità accolta dalla maggioranza come un momento di distensione, di serenità, a prescindere dal fatto che tutto avviene sotto il vessillo della religione cattolica. Sarebbe urgente un‘azione costante da parte degli organi collegiali per diffondere idee di laicità oltre che di tolleranza, tenuto conto delle diverse sensibilità presenti nella scuola.

 

Però l’Italia rimane un Paese cattolico, anche in presenza di un numero crescente di cittadini stranieri: le celebrazioni sono parte integrante della cultura nazionale. Perchè sopprimerle?

Come ho detto, il carattere religioso dei riti natalizi della religione cattolica ha altre sedi per esprimersi, come ciascuna religione ha le proprie sedi. La scuola è il luogo dove l’incontro tra culture diverse non deve essere inficiato dalla sudditanza alle manifestazioni religiose della maggioranza. Dovrebbe essere così in ogni Paese. Integrazione non significa adeguamento alla fede religiosa maggioritaria, ma apertura e conoscenza dei contesti in cui sono maturate le idee religiose o il rifiuto di esse. 

 

C’è chi dice che certi “riti” si potrebbero adottare anche dopo il Natale: è d’accordo?

Sì, il carattere “ludico” assunto via via dalle celebrazioni natalizie potrebbe avvenire anche in un altro momento dell’anno, ma occorrerebbe una consapevole presa di coscienza da parte delle varie comunità scolastiche, non solo in presenza di appartenenti ad altre confessioni religiose. Un percorso lungo, da costruire durante l’anno scolastico, ma costante per una formazione critica, verso una laicità consapevole.

 

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Ha saputo che un preside di Rozzano ha chiesto all’Usr di lasciare la reggenza di uno dei suoi istituti, a seguito delle polemiche seguenti al suo diniego per l’insegnamento a scuola di canti religiosi da parte di alcune mamme? Cosa dovrebbero fare, secondo lei, i dirigenti scolastici?

Ho letto del dirigente di Rozzano. Mi pare che sia stato giusto il suo intervento nei confronti delle madri che entravano nella scuola, sia pure nella pausa mensa, per insegnare canti della tradizione natalizia ai bambini.  Era un’intromissione indebita. Semmai i canti avrebbero dovuto essere insegnati dai docenti, nell’ambito del programma scolastico, come patrimonio culturale insieme ad altri canti di diverse culture. Non ho ben capito come da questo divieto il dirigente sia passato allo spostamento della festa, come festa dell’inverno. Né so se si sia trattato di un suo atto arbitrario privo di una delibera degli organi collegiali. Questo sarebbe grave.

 

Però tanto è bastato per alzare il solito “polverone” in vista del Natale.

Purtroppo la decisione, non accompagnata dal percorso cui si faceva cenno, ha fatto riaffiorare il peggio delle contrapposizioni tra cattolici integralisti, becerismo leghista e sostenitori della laicità della scuola, in questo caso fortemente impopolari. Perfino i genitori mussulmani sono stati dalla parte dell’albero natalizio a Natale!

 

Infatti: ci sono dei leader islamici che difendono i canti di Natale a scuola

Nel mondo islamico ci sono da sempre, come ovunque, interpretazioni divergenti. Ricorda la vicenda de L’Aquila col genitore musulmano che pretendeva la visibilità del proprio simbolo, non tollerando la presenza esclusiva del crocefisso nell’aula di suo figlio? Comunque, in una visione ecumenica del rapporto tra le religioni, il rispetto, la tolleranza, la convivenza tra fedi religiose diverse è quanto tutti ci auguriamo. Il primo esempio dovrebbe venire proprio dalla Chiesa cattolica che non dovrebbe occupare uno spazio egemonico in virtù della presenza maggioritaria dei suoi fedeli. Nel mondo islamico, come anche nel mondo dei non credenti, c’è chi apprezza i canti natalizi e tutta la ritualità delle feste natalizie cattoliche per un senso di compiacimento per una tradizione che si ripete annualmente, sempre allo stesso modo. Pensano che la scuola serva a salvaguardarla.

 

Quindi, quale sarebbe la sua proposta per evitare di rinnegare la tradizione religiosa rispettando il credo di tutti gli alunni?

Credo che la tradizione della liturgia cattolica debba essere rispettata nelle Chiese. La scuola non è il luogo a ciò deputato. Non è tuttavia possibile pretendere che una tradizione vissuta come un appuntamento indiscusso possa essere eliminata con atti autoritari. Occorre che nelle scuole il cammino verso un’autentica laicità sia un percorso costante, di lunga durata, compiuto con l’impegno di tutte le componenti, che porti a una condivisione comune in cui rispetto e tolleranza siano presupposto e frutto di una integrazione alla pari tra tutti i soggetti della comunità scolastica. Mi rendo conto che non è semplice, ma è necessario intraprendere questo cammino per togliere di mezzo competizioni e sudditanze.

 

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