Lo Stato dovrebbe combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa, dovrebbe garantire pari opportunità almeno ai più giovani. È una questione di democrazia, di uguaglianza, su cui si fonda la nostra Repubblica. Lo Stato dovrebbe essere più attraente, più sexy dell’illegalità.
A dirlo, sul palco dell’Ariston, la giornalista e conduttrice televisiva Francesca Fagnani, che nella seconda serata del settantatreesimo Festival di Sanremo ha accompagnato Amadeus e Gianni Morandi nella conduzione della manifestazione canora.
La Fagnani parla dell’importanza della scuola nelle aree più fragili del Paese, riportando le parole raccolte nel carcere minorile di Nisida, a Napoli.
“Hanno picchiato, hanno rapinato, hanno ucciso. Alla domanda “perché l’hai fatto?” però non trovano risposta; risposta che vorrebbero avere, che cercano, che abbozzano, ma la risposta non esce, perché è inutile cercarla così, lo sanno, bisogna andare al giorno prima, alla settimana prima, al mese prima, alla vita prima. Hanno 15 anni e gli occhi pieni di rabbia, occhi pieni di vuoto. Hanno 18 anni e lo sguardo è perso oppure è sfidante”.
“Hanno occhi che chiedono aiuto, senza sapere quale aiuto, senza sapere a chi chiedere aiuto – continua la giornalista – La scuola l’hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati, non la preside, ma neppure gli assistenti sociali che o non ci sono o sono troppo pochi per certe periferie, e le madri e i padri, quelli che c’erano non ce l’hanno fatta”.
E racconta di come la scuola dovrebbe essere la soluzione: “Quando ho intervistato adulti finiti in carcere, per reati gravissimi, ho chiesto loro: “Cosa cambieresti della tua vita?”. Quasi tutti mi hanno dato la stessa risposta: “Sarei andato a scuola”, perché se nasci in quel quartiere, in quel palazzo o da quella famiglia, è solo tra i banchi di scuola che puoi intravvedere la possibilità di una vita alternativa a quella già scritta per te da altri”.
In Italia, salvo qualche bella eccezione, la prigione serve solo a punire il colpevole, non serve a rieducare, né tanto meno a reinserire nella società chi entra.
“Se non faremo in modo che chi esce dal carcere sia meglio di come è entrato, – conclude la Fagnani – sarà un fallimento per tutti. E se non ci arriviamo per civiltà, per umanità, per rispetto dell’art. 27 della Costituzione, arriviamoci per egoismo. Conviene a tutti che quel rapinatore, quello spacciatore, una volta fuori cambi mestiere”.
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