Alunni

Sante copie, ma attenti a non copiare!

Un compito è l’occasione per sperimentarsi, per tirare fuori il proprio talento e dare il meglio di sé: un’opportunità che non va sciupata e delegittimata! Di fronte ad un click della rete che offre tutto pronto o alla chat dei compagni che passa la soluzione, c’è tutto uno smarrimento di significato che urla, malgrado il successo di un fallimento scongiurato.

Unisce indifferentemente un drag and drop: tutti identici in un clima di differenza, poi! L’arte del copiare mette da parte buona parte delle proprie capacità: ed il cavallo di Troia è da sempre una meschina menzogna! L’eccezionalità del brano agiografico, immerso in una cornice suggestiva del Mezzogiorno, non smentisce una regola sacrosanta, da calare nella vita di tutti i giorni: spendersi di più, senza risparmiarsi. In deroga, solo qualche una tantum, come in questo passo della Beata culpa di un Venerabile del Sud. Errore veniale, questo, e con contorni di simpatia, non il raggiro moltiplicato nella (con)divisione di una commedia leggera, all’italiana, e per giunta praticato da angeli decaduti ogni santa giornata! Il folle volo precipita sempre in basso! E’ una piccola letteratura neorealista del quotidiano, tanto orfana di futuro. E senza base, intendiamoci,ci si scorda delle altezze!

Il compito di Latino

Onofrio era un ragazzo di campagna, che non aveva la fortuna di studiare a casa come Francesco. Si conobbero nel piccolo Seminario Vescovile di Tropea, dove si era ritrovata una allegra brigata di ragazzotti tropeani e dei paesi vicini. Onofrio era pieno di buona volontà e di grandi capacità pratiche. Lentamente era riuscito ad ingranare, in qualche modo, negli studi primari, sia elementari che ginnasiali, come si chiavano allora. Gli insegnanti, però, non erano molto teneri e facilmente facevano ripetere la classe, se gli alunni non erano in grado di superare i relativi esami di anno in anno. Fu in occasione della prova scritta di latino, di un turno di esami, che Francesco si avvide della difficoltà incontrata da Onofrio, il quale era rimasto con la testa in aria per quasi tutto il tempo destinato alla prova. Che cosa fare? Lasciare il compagno in balia di se stesso o aiutarlo? Francesco, non sapendo quale decisione prendere e non volendo mancare alla disciplina scolastica, escogitò un piccolo stratagemma. Finse di avere un piccolo malore e chiese aiuto ai compagni vicini e particolarmente ad Onofrio, il quale era molto esperto nell’aiutare i compagni quando qualcuno di loro accusava male. Questi cercò di aiutare Francesco, ma più che aiutare Francesco sbirciò ben bene tutto il compito di latino, quasi mandandolo a memoria. Superato il finto malore del compagno, Onofrio fece ritorno al proprio banco ed esperto ed eccellente com’era in fatto di copiatura, ebbe modo di completare il proprio compito; così anch’egli poté superare la difficile prova d’esame e rinsaldare sempre più l’amicizia con Francesco, il quale, pur superando le capacità intellettuali di Onofrio, non fece mai pesare su di lui l’accaduto e, molto meno, prese le distanze, che avrebbero potuto ferire la personalità dell’amico. “Francesco sapeva ricorrere anche a qualche marachella”, avrebbe raccontato un giorno da grande, lo stesso Onofrio. Sì, è proprio vero! Tutta la vita peraltro, se si vuole, non è forse un gioco? Un piccolo gesto di carità, avrebbe aggiunto Don Onofrio divenuto anch’egli sacerdote del Signore. Più volte ebbi modo di ascoltare con le mie orecchie questo racconto. I due amici, da grandi, si sarebbero divertiti un mondo, ricordando l’accaduto, che evidentemente, nel quadro di tutta un’esistenza infiorata di carità, rivestiva un significato che andava al di là del malore improvviso. Un piccolo fiore di solidarietà umana, si permette di aggiungere il sottoscritto, che ha avuto modo di conoscere sul campo questi amici dell’anima ed eroi del mestiere, i quali un giorno, ambedue, avrebbero fatto a gara nell’aiutare i propri fratelli bisognosi.

(Mons. Girolamo Grillo, Don Francesco Mottola-Fiori di Calabria, Camerata Picena, s.d., pp.33-35).

di Francesco Polopoli

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