I lettori ci scrivono

Sarà la scuola la vera Caporetto del governo Draghi?

La decisione del Governo di riaprire subito le scuole in presenza non può che lasciare perplessi, e per varie ragioni: i Presidi hanno annunciato che la situazione, a causa del personale in quarantena o positivo al covid, sarà difficilmente gestibile; per lo stesso motivo molti studenti saranno comunque costretti a frequentare in Dad; inoltre, e soprattutto, il numero dei contagi degli stessi studenti, ma anche dei docenti e di tutto il personale scolastico, non potrà che subire un notevole incremento.

Le scuole erano già da tempo sotto stress e al limite della gestibilità prima, con la variante Delta, figuriamoci ora, con l‘Omicron, che ha una contagiosità cinque volte superiore.

Ma con questo tipo di argomentazioni non tutti sono d’accordo. Anzi, in molti continuano a ripetere che in fondo la scuola, anche dopo l’avvento di Omicron, è ancora uno dei luoghi più sicuri.

Bene, allora vediamo su quali elementi si basa questa convinzione: si dice per esempio che i contagi e i ricoveri pediatrici sono molto aumentati specialmente intorno alla fine di dicembre, quando le scuole erano già chiuse o stavano per chiudere; ed è vero, ma proprio in quel periodo Omicron stava iniziando la sua ascesa, che sarebbe poi culminata, circa una quindicina di giorni dopo, in un superamento della variante Delta.

Inoltre, il periodo natalizio è stato caratterizzato da feste, pranzi e cenoni, i quali non possono che aver agevolato il lavoro diffusivo della nuova variante. Queste due circostanze, utili a spiegare perché questa si sia molto sviluppata durante le feste, non implica però che essa non tragga anche molti vantaggi dal soggiornare per cinque ora al giorno in ambienti chiusi, dove si parla e si comunica, come attesta anche il fatto che in Francia, quattro giorni dopo la riapertura delle scuole, si sia registrata un’impennata dei contagi senza precedenti da quando esistono i vaccini.

Non ci resta dunque che provare a spiegare meglio perché non è vero che la scuola sia un posto sicuro: gli studenti sono distanziati di un metro (quando rispettano le regole), mentre la distanza raccomandata da molte regioni è 1,8 metri; le aule sono senza areazione adeguata, specialmente durante l’inverno, quando le finestre vengono aperte più di rado; alcuni studenti e docenti sopportano male le mascherine, specie le FP2, e sono portati a indossarle in modo approssimativo; ai cambi d’ora o a ricreazione i controlli sono più problematici, e alcuni studenti tendono, non visti, ad avvicinarsi troppo o a sporgersi gli uni verso gli altri per poter sentire meglio quello che si dicono; durante l’uscita da scuola tendono ad ammassarsi, così come si ammassano normalmente sui mezzi pubblici; inoltre a ricreazione, dovendo mangiare e bere per rifocillarsi, non indossano le mascherine.

In questo contesto la variante Omicron, che è cinque volte più contagiosa della Delta, va a nozze, e siccome la scuola era già al limite della sua gestibilità con la Delta forse non è il caso di sottovalutare l’avvertimento dei Presidi: la scuola può diventare davvero ingestibile e la famigerata Dad, invece di essere programmata e ben gestita, dovrà essere di fatto introdotta in modo caotico, improvvisato e disordinato.

Ma a questo ragionamento si sente spesso replicare: Già! Ma che senso ha chiudere la scuola se poi si lasciano gli studenti liberi di andare al bar, in discoteca e allo stadio?!

Si tratta di un’obiezione giusta, ma c’è una differenza fondamentale da considerare: al bar e al ristorante ci fa chi vuole andarci, mentre a scuola ci se deve andare per forza. Inoltre, potremmo chiederci: se il Governo porta la capienza degli stadi, che di solito possono contenere circa 50.000 persone all’aperto, a 5.000, perché lascia la capienza delle aule, al chiuso, a 25/30 persone e obbliga gli studenti a riempirle?

Con l’obbligo della frequenza in presenza molte famiglie saranno costrette a mandare i loro figli a scuola pur essendo convinti, e secondo noi a ragione, che le probabilità di un loro contagio siano destinate ad aumentare.

Molti studenti non hanno infatti ancora completato il loro percorso vaccinale e il costringerli a frequentare in presenza significa costringerli a correre rischi aggiuntivi di contagio e di ricovero, in un periodo in cui i reparti pediatrici di covid, e non solo quelli pediatrici, si stanno riempiendo.

In pratica, il Governo da un lato impone l’obbligo vaccinale agli over 50, e dall’altro obbliga gli studenti a frequentare in presenza anche prima che abbiano completato quel percorso vaccinale che lo stesso Governo raccomanda. Come dire: vaccinatevi, che tanto farò in modo che abbiate più chances che vi contagiate, e che contagiate anche i vostri familiari, prima che il vaccino abbia il tempo di fare effetto.

Si sarebbe potuto evitare questo scenario?

A parte tutte le cose che si sarebbero potute fare negli ultimi due anni, come per esempio la realizzazione d’impianti per l’areazione delle aule e l’adozione di mascherine FP2 fin da subito, qualcosa di concreto ed efficace poteva essere deciso anche nel presente contesto.

Sarebbe bastato, come i dirigenti scolastici e anche alcuni Presidenti di regione hanno proposto, tenere la scuola in Dad per 15/30 giorni, così da dare agli studenti il tempo di completare il proprio percorso vaccinale e a Omicron di superare il suo picco.

Si sarebbe anche potuto decidere, per evitare i disagi delle famiglie che non possono lasciare i figli a casa da soli, una Dad opzionale, ovvero, per un mese, la libera scelta tra Dad e frequenza in presenza, così da non costringere nessuno a correre rischi suppletivi di contagio e da avere in ogni caso aule meno affollate, e cioè minori probabilità di contagio per tutti.

Si poteva cioè tenere in qualche considerazione le libertà fondamentali dei cittadini, come quella di poter tutelare la loro salute e quella dei loro figli, e tener conto dell’opinione di chi sa qualcosa di scuola, come i dirigenti scolastici e i docenti.

Invece no: le opinioni di questi ultimi sono state completamente ignorate, così come sono state ignorate quelle dei sindacati della scuola e di alcuni presidenti di regione, e si è preferito mettere gli studenti in Dad dopo il loro contagio piuttosto che farlo prima. La classe politica italiana infatti, per una scellerata tradizione e un’impostazione culturale che considera da sempre l’insegnamento una professione di serie C, dà per scontato che tutti siano in grado di esprimere opinioni interessanti e attendibili sulla scuola tranne coloro che nella scuola ci lavorano, tranne cioè coloro che spesso ci hanno passato anni, dopo aver superato concorsi ed esami. Il loro parere conta, per i nostri governanti, come l’ultimo dei pareri.

Poiché negli ultimi decenni la scuola italiana non è stata quasi mai gestita da chi la conosce e da chi ci lavora, ma da un ceto buro-pedagogico che l’ha trasformata in un luogo in cui si sperimentano software didattici e acronimi criptici, non può sorprendere che sia, e da ben prima della Dad, nelle condizioni pessime in cui si trova, che la professione insegnante sia così poco ambita e che gli insegnanti, essendo poco o nulla considerati dalla classe politica, abbiano perso anche nella società buona parte della loro autorevolezza.

In questo scenario è comprensibile che oggi, per chi governa, la cosa più importante sia evitare a tutti i costi 15/30 giorni di Dad, anche opzionale e volontaria, e che per evitarla il Governo sia disposto a provocare un’ulteriore impennata dei contagi e a costringere molti genitori a ricoverare i propri figli, anche quelli che non hanno avuto il tempo di completare il loro ciclo vaccinale, in reparti pediatrici già pieni.

Alla luce delle ultime deliberazioni sulla gestione della pandemia nelle scuole non vorremmo che, dopo gli indubbi effetti benefici che il Governo Draghi ha avuto sul Paese, fosse poi ricordato proprio in virtù dei morti e dei ricoveri aggiuntivi che rischia di provocare, e cioè che passasse alla storia come quel Governo che, mentre obbligava gli adulti a vaccinarsi, costringeva i giovani a frequentare le scuole prima che i vaccini avessero avuto su di loro il tempo di fare effetto: sarebbe senz’altro una fama poco onorevole, imputabile solo a un grave deficit di coerenza e lungimiranza.

Gustavo Micheletti

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