Ė la domanda che, negli ultimi tempi, rivolgo spesso ai miei colleghi. Ė tempo che si reclami a gran voce il rispetto per la nostra professionalità così tanto bistrattata.
Da qualche tempo gira in rete un video (che mi sono rifiutata di guardare per scrupolo nei riguardi della persona filmata), dove pare che un alunno tiri una scarpa a un insegnante nell’ilarità generale e senza che questo generi alcuna particolare reazione di sdegno o riprovazione. In molti si chiedono come sia possibile, e io invece penso esattamente il contrario: perché una categoria, umiliata in ogni maniera dalle istituzioni che dovrebbe rappresentare e da cui dipende, dovrebbe ricevere considerazione dal cittadino comune, bombardato da messaggi che non fanno altro che stigmatizzare come i docenti siano il male assoluto, dei poveri sfigati, fannulloni e pure pretenziosi?
Semmai mi risulta inspiegabile il fatto che qualcuno ancora ci consideri! Infatti, tranne quei pochi che madre natura ha dotato di un particolare appeal o di un carisma naturale, gli altri insegnanti per farsi “rispettare” (che poi si traduce nel mantenere la disciplina e non, come dovrebbe essere nel rapporto tra allievo e insegnante, nel creare sinergie costruttive e favorire autostima e valori positivi, i soli a stimolare la crescita emotiva dei ragazzi) sono costretti ad optare per il farsi temere piuttosto che per il farsi amare!
Ma è davvero una svolta autoritaria, anche nella scuola, quello che vogliamo? A giudicare da ciò che avviene nella politica pare proprio di sì. Del resto di pedagogia del capo è infarcita tutta la L. 107.
Personalmente auspicherei che noi insegnanti ci decidessimo finalmente a rivendicare il nostro ruolo di professionisti della cultura a partire dal pretendere un decoroso trattamento economico (siamo al gradino più basso della scala stipendiale della pubblica amministrazione e tra i peggio trattati tra gli insegnanti europei), senza accontentarci sempre delle briciole che graziosamente questo governo potrebbe riconoscerci, costretto dalla Corte Costituzionale a riaprire i tavoli per il rinnovo del contratto, bloccato da quasi un decennio.
In una società come la nostra l’equazione tra trattamento stipendiale e competenza è inevitabile. E senza considerazione sociale il nostro ruolo continuerà sempre di più a scadere.
Io non ci sto!
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