Il rapporto “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane” di Save the Children ci consegna diversi dati interessanti che meritano un approfondimento. Secondo l’indagine “Immerse” il 67,5% degli studenti stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia: dall’anno scolastico 2017/18 al 2021/22 il numero è cresciuto del 10,8%, con un incremento di oltre 57mila minori. La presenza maggiore si attesta nella scuola dell’infanzia (83 minori su 100 con background migratorio) e a livello territoriale al Centro Nord (65,5% contro il 12,6% del Sud).
L’indagine si sposta poi su 6.059 studenti tra i 10 e i 17 anni che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado in cinque città (Catania, Milano, Napoli, Roma e Torino). L’11% degli alunni con background migratorio ha dichiarato di aver avuto periodi di interruzione della scuola di sei mesi o più, contro il 5,9% degli studenti con genitori italiani. tra le motivazioni principali, l’8,3% indica il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana. Numeri che scendono nettamente tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana. Quest’ultima influisce positivamente sul livello di istruzione più alto che gli studenti si aspettano di raggiungere. Il 45,5% degli studenti italiani intervistati ritiene di poter ottenere un diploma di laurea, un master o un dottorato, dato che scende al 35,7% per gli studenti con background migratorio senza cittadinanza. Risultati che mostrano come i minori con background migratorio, se cittadini del Paese ospitante, tendono a maturare aspettative e aspirazioni equivalenti a quelle dei coetanei nati in Italia.
La fiducia degli insegnanti nei loro studenti si palesa nel 64,5% degli studenti italiani, che però scende al 53,4% degli studenti con background migratorio. Questi ultimi preferiscono nel 37,8% dei casi iscriversi agli istituti tecnici e nel 34,9% ai professionali.
Grande attenzione dell’indagine anche alle difficoltà che vivono gli studenti. Il 22% dichiara di vivere in aree dove sono presenti attività di sostegno, di apprendimento o di supporto linguistico organizzate nel tempo extrascolastico e solo il 38,9% dichiara di partecipare a qualche attività nel dopo scuola, come attività sportive, corsi di arte o musica.
C’è poi un preoccupante 17,9% degli studenti con background migratorio senza cittadinanza italiana che afferma di non sentirsi parte della scuola. Sono troppo pochi i minori che dichiarano di provare un forte senso di appartenenza verso l’Italia, il proprio quartiere e la propria città. L’indagine fa emergere un senso di estraneità tra la maggioranza degli studenti interpellati, indipendentemente dalle loro origini, rispetto al territorio in cui crescono, mentre il senso di appartenenza più forte è quello che li lega al gruppo dei pari, agli amici. Che siano italiani, oppure nati e/o cresciuti in Italia, oppure arrivati da poco, i legami di amicizia abbattono differenze e stereotipi. Le relazioni tra pari possono rappresentare una chiave su cui far leva per strategie di coesione che mettano al centro il protagonismo delle giovani generazioni, di ogni provenienza.
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