Iniziamo con il considerare che oggi le ore di insegnamento di un docente di scuola sono 18 estese su cinque giorni alla settimana, facendo una divisione tra 18 e 5 otteniamo una media di 3,6 ore al giorno. Le 6 ore in più a settimana, in un anno scolastico, equivalgono a 198 ore di lavoro in più. Se dividiamo le 198 ore per le 3,6 lavorate in un solo giorno, si possono calcolare i giorni lavorativi annui richiesti dalla legge di stabilità per ogni singolo insegnante, ovvero 55 giorni di lavoro in più.
Per recuperare questi 55 giorni si sottraggono i 15 giorni di ferie "elargiti" dalla stessa legge di stabilità, pertanto rimangono da collocare altri 40 giorni di ferie nell’arco dell’anno scolastico. Per un puro gioco delle ipotesi si potrebbe escludere il mese di settembre dal computo dell’attività scolastica, facendo iniziare l’anno scolastico, così come era negli sessanta, il primo di ottobre. Mentre i rimanenti 10 giorni potrebbero essere concessi nel periodo di carnevale.
Quelli fatti sono ipotesi di scambi a parità di lavoro annuo, con una distribuzione diversa del carico lavorativo giornaliero che passerebbe da 3,6 a 4,8 ore. Sono solo ipotesi provocatorie di programmazioni scolastiche fatte anch’esse all’insegna di un risparmio esasperante, per dimostrare ai decisori politici quanto possa essere imbarazzante e iniqua la richiesta delle 24 ore settimanali proposta all’intera categoria degli insegnanti.
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