Le dimissioni di Matteo Renzi da Presidente del Consiglio ha avuto le sue (ovvie) ripercussioni sulla compagine di governo. Molto probabilmente in un prossimo esecutivo non ci saranno i ministri più esposti nel primo gabinetto Renzi: Maria Elena Boschi, Marianna Madia e Stefania Giannini.
La titolare del dicastero di Viale Trastevere difficilmente sarà riconfermata.
Il Corriere della Sera ha lanciato il suo toto Ministro dell’Istruzione rilanciando sette nomi.
Stefania Giannini, Gianni Cuperlo, Francesca Puglisi, Stefano Paleari, Andrea Gavosto, Gaetano Manfredi e Simona Malpezzi.
Cuperlo, ad esempio, della riforma della scuola si è occupato attivamente, schierandosi al fianco dei sindacati quando scesero in piazza il 5 maggio del 2015: «Un’innovazione a metà», ha sempre detto. Questa potrebbe essere l’occasione per lui per «aggiustare» quello che non lo convinceva.
Puglisi, invece, senatrice della commissione Cultura, una delle anime della riforma della Buona Scuola, che ha contribuito a limare ed elaborare al fianco di Renzi. Potrebbe rappresentare la continuità ma nello stesso tempo dare un contributo molto tecnico e operativo al governo per portare a casa alcuni pezzi della 107 che rischiano di non vedere mai la luce.
Se la scelta dovesse cadere se un «tecnico» o un «istituzionale», l’ex presidente della conferenza dei rettori, ed ex rettore dell’università degli studi di Bergamo, Stefano Paleari è in pista.
Un altro nome «tecnico» è quelo del direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto: è uno studioso del mondo della scuola, e ha spesso criticato alcuni meccanismi della riforma.
Spendibile anche il nome del presidente della conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi, ingegnere e rettore dell’università degli studi di Napoli Federico II.
Infine la renziana, Simona Malpezzi, data come possibile successore di Giannini nelle ipotesi pre-referendum, ma dopo la sconfitta netta del Sì le sue «quotazioni» sono in discesa.
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