I molti docenti di Scienze motorie lo avranno ripetuto fino alla nausea a tutti gli alunni svogliati che, durante le ore di educazione fisica, non si sono presentati con tuta e scarpe da ginnastica.
Adesso arriva una sentenza del Consiglio di Stato, la n. 540 del 7 febbraio 2017, che fissa la regola: gli studenti che si presentano a scuola durante l’ora di educazione fisica senza un abbigliamento sportivo riceverà l’insufficienza nel voto finale di scienze motorie, compromettendo di fatto, l’ammissione alla classe successiva.
La sentenza si riferisce ad una vicenda che ha avuto origine a Milano ed ha come protagonista un liceale milanese, bocciato inizialmente a causa delle troppe assenze.
Il Tar, come riporta Italia Oggi, aveva sospeso il provvedimento ordinando alla scuola di svolgere le operazioni di scrutinio, al fine di verificare la situazione nel merito. Il liceo ribadiva il proprio «no» perché l’interessato non aveva raggiunto gli obiettivi minimi in molte materie, con diverse insufficienze. I giudici amministrativi tuttavia annullavano il giudizio scolastico, in particolare per le diversità di valutazione fra i due scrutini (voti da 6 a 5) relativi a «scienze naturali» e «scienze motorie». Riguardo quest’ultima materia, era accaduto che lo studente, durante tutto l’anno, si era spesso presentato all’«ora di ginnastica» vestendo gli stessi abiti e scarpe coi quali lo stesso si era recato a scuola, da casa. Palazzo Spada ha dato ragione al Ministero dell’istruzione. Il collegio ha puntualizzato una serie di concetti, dopo aver richiamato «l’accondiscendente tesi» di parte imperniata sul fatto che i giovani d’oggi vestono sempre informalmente e con indumenti sportivi, per cui non sarebbe mai valsa la pena portare a scuola un duplicato di tali indumenti.
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La sentenza stabilisce alcuni concetti fondamentali su cui poggia la decisione: prima di tutto, le “ore di ginnastica”, a scuola, non valgono tanto a conseguire giudizi di merito in ordine alle doti sportivo-atletiche di un discente, quanto il grado di capacità dell’individuo studente a comprendere e fare proprio il senso di disciplina che oggettivamente l’attività sportiva (per quanto minima, come può essere quella pratica all’interno di un plesso scolastico) implica sempre, nonché i principi e le regole basilari che sottostanno al nomen scienza motoria.
Inoltre, si legge sulla sentenza, equivocare su questo aspetto significa non comprendere perché ancora oggi, nonostante l’enorme offerta di servizi di pratica sportiva che possono essere acquisiti esternamente, ore di scienze motorie vengano impartite nella scuola. Ed una delle regole basiche della disciplina sportiva e del relativo regime (cosa che demarca questo dall’area della mera trasandatezza) è che la sua attività venga esercitata, se non con apposita divisa, con abbigliamento dedicato, e ciò anche ben al di là di (pur ovvie) esigenze puramente igieniche.
La sentenza accenna inoltre all’antico lustro di cui gode il liceo protagonista dell’episodio ed al fatto che, “voler frequentare un istituto scolastico di fama, implica un minimo prezzo in termini di rigore e serietà”.
Insomma, una sentenza che sicuramente farà discutere, che però almeno stabilisce una certa disciplina nei confronti dell’educazione fisica, provando di fatto ad equilibrare la propria valenza nei confronti delle altre discipline.
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