Il Tribunale di Roma con due sentenze la n. 1133 e 1132 dell’8.02.2016 ha fissato un precedente che potrebbe fare scuola.
Nei suddetti provvedimenti, il giudice ha accolto il ricorso patrocinato dallo studio Legale BFI –Buonamano-Fusco Izzo- di due insegnati, precari di lungo corso, con un’infinità di contratti a tempo determinato alle spalle.
Con tali provvedimenti il Giudice , motiva la decisione in maniera attenta e boccia le giustificazioni del Miur che si è opposto al docente ed ha riconosciuto, come si legge nella sentenza la parità tra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato: “… la Corte di giustizia UE (sentenza 22 dicembre 2010, Gavieiro) ha statuito che: a) la clausola n. 4, punto 1, dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata nei confronti dello Stato da parte di dipendenti assunti con contratti a tempo determinato perché siano loro riconosciuti i benefici economici collegati alla maturazione di una determinata anzianità di servizio; b) il carattere meramente temporaneo del rapporto di lavoro non può costituire di per sé una ragione oggettiva che consenta di giustificare la mancata corresponsione di simili benefici economici a coloro che sono assunti a termine e si trovano in una situazione comparabile con i lavoratori a tempo indeterminato che usufruiscono di quei benefici. Nella fattispecie, il resistente (MIUR) non ha indicato nessun elemento o circostanza o modalità di esecuzione che valga a distinguere l’attività lavorativa prestata dal personale assunto a tempo determinato rispetto a quella svolta dai colleghi assunti a tempo indeterminato. Anzi, il fatto che, come dedotto dallo stesso convenuto, una volta immessi in ruolo, i dipendenti che hanno in precedenza lavorato in forza di contratti a termine si vedono ricostruita la carriera con il riconoscimento del servizio svolto in regime di rapporto a tempo determinato, conferma, semmai, la perfetta analogia tra le condizioni di lavoro dei dipendenti a tempo determinato e l’attività da essi espletata, rispetto a quelle proprie delle corrispondenti categorie di personale assunto a tempo indeterminato”.
Diretta conseguenza di questo principio, conclude il Tribunale, è non soltanto il diritto alla retribuzione, bensì anche a «che tale periodo o tali periodi siano computati ai fini della anzianità di servizio e, quindi, della maturazione degli scatti di anzianità». Una simile conclusione non deve stupire, perché il Giudice evidenzia come questo iter logico-giuridico sia il più coerente con il principio di non discriminazione (affermato dalla Direttiva 1999/70/Ce) tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato «anche e specificatamente in ordine all’anzianità di servizio».
Il MIUR è stato condannato, pertanto, al pagamento in favore della ricorrente dell’importo di € 25,813.00 con tutti gli interessi dal sorgere dei crediti al soddisfo oltre alle spese legali
Questo precedente, consentirebbe, a tutti i precari in possesso dei contratti tempo determinato per un periodo superiore ai trentasei mesi, di presentare ricorso alle Autorità Giudiziarie competenti al fine di vedersi riconosciuto lo stesso trattamento economico dei colleghi a tempo indeterminato.
Con questa importante vittoria ottenuta, si rafforza l’iniziativa dello studio legale al fine di salvaguardare i diritti dei docenti precari da troppo tempo discriminati dal MIUR in totale spregio delle direttive comunitarie.
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