Il merito, meritevole, e del quale l’ex ministra dell’istruzione, Mariastella Gelmini, fece la sua bandiera di governo, ma senza risultati tangibili che non sia stato il rifiuto tassativo di tantissime scuole di sottoporsi alla sperimentazione. Ma anche quel tempo è passato e al tempo della rottamazione ritorna il fantasma del merito che, soppiantando gli scatti di anzianità uguali per tutti e per tutte le clessidre, misurerà i docenti assegnando a ciascuno il “girone”. In tale modo si potrà guadagnare, a fine carriera, anche 9 mila euro netti in più all’anno, che poi sarebbero circa 2 mila euro in più di quanto si guadagna con il rottamando sistema attuale.
Ma come dovrebbero meritarselo i docenti il merito del meritato aumento? Molto semplicemente dimostrando il loro valore, sia in classe e sia a scuola: progettando e collaborando, ma anche migliorando il loro bagaglio culturale e professionale attraverso attività di formazione, di ricerca e di produzione scientifica, benchè non sia chiaro dove e come pubblicare. In ogni caso questi “crediti didattici, formativi e professionali”, saranno inseriti in una sorta di cartella elettronica, detta pure “portfolio del docente” che un nucleo di valutazione interna a ciascuna scuola valuterà ogni tre anni.
Di tale pool indagatore faranno parte un membro esterno e un docente “mentor”, nominato tra i docenti che si sono distinti negli anni precedenti e che si occuperà di seguire la valutazione dei colleghi.
Sarà dunque indispensabile, suggeriamo, non venire in conflitto con costui, mentre, se è il caso, occorrerà offrire, senza soluzione di continuità, la colazione ogni mattina. Una breve spesa per garantirsi però gli scatti, valutati, secondo la ministra e il premier, a circa 60 euro netti al mese, per un triennio.
Il nodo della colazione giornaliera si capisce meglio se si considera che solo “due insegnanti su tre incrementeranno il loro stipendio ogni tre anni e non più ogni 9, ogni 6, ogni 7, come avviene oggi” , cosicchè ciascun docente potrà maturare fino a 12 scatti complessivi.
Questo meccanismo, nelle intenzioni degli esperti agli ordini del premier, dovrebbe incentivare una mobilità “orizzontale e positiva” da parte dei docenti migliori verso le scuole con docenti più scarsi, per raggranellare così più scatti possibili, in un confronto senza confronti, considerata la pochezza culturale e professionale, coi nuovi colleghi.
Trasferendosi in queste scuole, è il ragionamento, innalzerebbero in automatico la concorrenza fra prof, cosicchè gli scarsi, competendo coi bravi per acchiappare gli scatti, ne isserebbero tutto il valore complessivo.
Che potrebbe essere vero, ma potrebbe capitare pure che così non avvenisse e in questo caso che farebbero i docenti scarsi che si vedono fregati gli scatti da docenti bravi ma emigrati nella loro scuola scarsa? Scartato il suicidio o la ricerca di un altro lavoro, anche loro con ogni probabilità emigrerebbero, ma, siccome sono scarsi, cercherebbero scuole sempre più scarse con colleghi più scarsi di loro che a loro volta, vistesi scalzati, emigrerebbero… e così via. In poche e più precise parole: c’è il sospetto che l’economia di mercato entri in questo modo a scuola, secondo il principio che i prodotti scadenti sono venduti sottocosto e nei mercatini di quartiere, mentre i prodotti eccellenti abbagliano le vetrine delle boutique, dove si serve una clientela esclusiva e non il “popolino”.
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