Categorie: Contratti

Scatti: nessun rischio sulla restituzione. L’accordo all’Aran riguarda quelli del 2012 ma mancano le risorse

È evidente, infatti, che la sessione negoziale ricordata dall’art. 1, comma 1, della legge 41/2014 riguarda gli scatti da pagare per il 2012, sempre che si trovino i due terzi delle risorse mancanti al netto dei 120 milioni stanziati dal Governo entro il 30 giugno 2014. E qui sta il bello: perché, ancora una volta, i soldi mancanti dovranno essere trovati da nuovi tagli o riduzioni di bilancio nel comparto, quando il Mof è già agonizzante. La mancata firma del contratto, comunque, non avrebbe alcun effetto sulle posizioni economiche maturate dal personale nel 2013 per via degli scatti pagati per il 2011, in quanto lo stesso Ccnl del 13 marzo 2013, all’art. 2, comma 1, lettera c) già dispone l’accantonamento di 381 mln di euro a partire dal 2013.

Fermo restando il blocco degli scatti per il 2013, e la possibile deroga per il 2014 – negata, però, dalla vigenza dell’art. 1, comma 453 della legge 147/2013 – l’aumento di stipendio ottenuto dai sindacati, a partire dal 2010, non è più finanziato dalle leggi di stabilità con risorse aggiuntive messe dallo Stato ma dai cittadini e lavoratori con riduzione di servizi e posti di lavoro, così come previsto dal decreto legislativo 150/2009, che pure ha abolito la misurazione del merito nella progressione di carriera per anzianità, in luogo di una prestazione individuale ancora da definire a invarianza finanziaria.

Ma c’è di più: questi aumenti sono pure il minimo sindacale: 4 punti percentuali sotto quelli registrati dall’inflazione, nel periodo 2007-2012. Se si fossero, infatti, trovate le risorse per adeguare gli stipendi all’aumento dei prezzi, e quindi se si fosse firmato un contratto per il triennio 2010-2013, ogni lavoratore si sarebbe ritrovato in busta paga, in media, 3.600 euro lordi in più, aumenti per 93 euro, al netto dello scatto stipendiale.

Allora perché i sindacati che sono rappresentativi, invece di firmare accordi a perdere non si siedono nelle aule dei tribunali per denunciare il diritto all’informazione, alla consultazione, alla contrattazione? Come ha fatto, per esempio, la Flp ottenendo dal giudice del lavoro Fedele di Roma la remissione in Corte costituzionale, il 23 novembre 2013, della legge 122/2010 che blocca i contratti.

Questo accanimento terapeutico nei confronti del personale della scuola, che ogni giorno apprende dalla stampa la conferma da parte dell’amministrazione sull’abolizione degli scatti di anzianità – non per ultimo confermata dal blocco al 2010 dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2017 come previsto dall’art. 1, comma 452 della legge 147/2013 – deve finire, tanto più se negli altri Paesi Cedu, un docente guadagna a fine carriera 600 euro in più al mese. Il Governo deve invertire la rotta e trovare le risorse se non vuole mortificare per sempre una professione senza la quale non si rilancia più il Paese, per non aspettare che vi sia sempre un giudice a Strasburgo o Lussemburgo che lo condanni.

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