Scatti stipendiali, ha fatto bene il Governo ma ora trovi 2.600 euro di arretrati a dipendente

L’approvazione del decreto sugli scatti di anzianità era un atto dovuto: ha fatto bene il Governo a voler ripristinare dei diritti calpestati da interventi statali illegittimi. Ora, però, è giunto il momento di voltare pagina finendola con gli aumenti stipendiali ‘una tantum’ finanziati razziando i fondi del potenziamento dell’offerta formativa degli istituti scolastici. La prima cosa da fare è allineare le buste paga di chi opera nella scuola al costo dell’inflazione: Anief-Confedir ha calcolato che occorrono 2.600 euro”. Così commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, l’approvazione definitiva alla Camera dei Deputati del decreto legge sugli scatti di stipendio del personale della scuola.
Se veramente si vuole rilanciare la scuola – continua Pacifico – bisogna finirla di pensare che con dei provvedimenti estemporanei, come quello degli 80 euro annunciato dal premier Renzi, derivanti dalla defiscalizzazione degli stipendi più bassi, si possa sanare il ritardo del potere d’acquisto degli stipendi di docenti e Ata”.
Questi dipendenti, infatti, sono gli unici della P.A., per effetto dell’art. 9 della Legge 122/2010, ad avere avuto il contratto fermo già a partire dal 2010. E per effetto della Legge di Stabilità, l’indennità di vacanza contrattuale è stata ‘sospesa’ sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali del personale della scuola, da adeguare all’inflazione, rimangono di fatto fermi addirittura al 2009. Si tratta di un’ingiustizia colossale. Che ha origine con il D.lgs. 29/1993, trova conferma attraverso il D.lgs. 165/01 e con il più recente D.lgs. 150/09: un’opera di demolizione dei diritti e dei contratti di comparto, finalizzata a fare spazio, per ragioni di finanza pubblica, alla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego.
Con questi presupposti, diventa ancora più inaccettabile il fatto che mentre al comparto privato si continui ad adeguare lo stipendio almeno al progredire dell’inflazione, a quello dei dipendenti pubblici si neghi anche l’incremento delle buste paga al costo della vita: solo pochi giorni fa l’Istat di ha detto, commentando l’ultimo indice generale delle retribuzioni contrattuali orarie, che ad inizio 2014 si sono registrati incrementi tendenziali sopra la media nel settore privato (+1,9%), in particolare nei settori dell’agricoltura (+3,4%), dell’industria (+2,1%) e dei servizi privati (+1,6%). Mentre in tutti i comparti della pubblica amministrazione (dirigenti e non dirigenti, contrattualizzati e non), si continuano a registrare variazioni nulle.
È un andamento, purtroppo, che si conferma da anni. Che penalizza più di tutti i lavoratori della scuola. Già il ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato a fine 2013, riportava il dato che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui, l’importo annuo più basso della P.A.. Ma soprattutto, la Ragioneria statale indicava che tra il 2008 e il 2012 mentre il costo della vita è aumentato dell’11,4%, nello stesso periodo gli stipendi di docenti e Ata si sono incrementati di meno dell’8%.
Ciò significa – continua Pacifico – che, considerando lo stipendio medio del personale scolastico di 1.500 euro, non sono stati corrisposti 65 euro a mensilità. Moltiplicando il gap per gli ultimi 40 mesi, da quando, per effetto dell’art. 9 della Legge 122/2010, il contratto è stato bloccato, ne deriva che ad ogni dipendente della scuola dovrebbero essere oggi corrisposti, come compensazione, 2.600 euro di arretrati. È un’operazione necessaria, se non si vuole proletarizzare il ruolo del dipendente scolastico”.
Ma non solo. Perché a questo stesso personale – incalza il sindacalista Anief-Confedir – sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell’offerta formativa. Finanziare gli scatti del 2012 e del 2013 attraverso il Fondo d’istituto è stato un errore clamoroso. Alla scuola servono invece risorse certe, quelle che lo Stato fino al 2009 ha messo a disposizione per incentivare gli aumenti. In attesa dei quali, tra l’altro, scattava un ‘anticipo’ attraverso quell’indennità di vacanza contrattuale che nel frattempo è stata cancellata fino al 2017. Lasciando gli stipendi degli insegnanti ai valori del 2009”.
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