Quando ogni mattina il papà chiedeva al figlio il risultato della moltiplicazione 8 per 8, il bambino stentava. E pure con la tabellina del 9, il piccolo commetteva qualche errore. E allora già scappellotti, spinte e anche qualche ceffone. A destare ancora più sconcerto è l’età del bimbo, appena otto anni, e il ruolo professionale del padre: imprenditore del torinese.
Le reazioni isteriche dell’uomo sono andate avanti un bel po’. Fino a quando la moglie, esasperata, nell’estate del 2017 ha detto basta e si è rivolta ai carabinieri.
In Tribunale, riporta il quotidiano Repubblica, l’uomo, accusato per abuso di mezzi di correzione, ha difeso i suoi “metodi” adottati nei confronti del figlio.
“Lo faccio per il futuro di mio figlio – ha spiegato davanti al pm Giulia Marchetti – Gli chiedo le tabelline al mattino presto, perché poi sono fuori casa tutto il giorno. Vorrei che seguisse le mie orme”.
I legali dell’imprenditore hanno spiegato che l’uomo non avesse avuto l’intenzione di mortificare il figlio.
“Si tratta di un padre dall’educazione arcaica – hanno detto al giudice – e non ha mai voluto fare del male al suo bambino”.
E hanno anche ricordato che Il fratello del ragazzino, meno bravo a scuola, non era mai stato oggetto dei rigidi rimproveri del padre.
Ma quando gli avvocati hanno capito che il loro assistito era andato oltre, hanno consigliato l’imputato a patteggiare una pena a tre mesi. E così è andata.
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