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Schiaffi educativi? Giammai, una ricerca scientifica toglie ogni dubbio

Lo schiaffo è educativo? Per il giudice monocratico del tribunale di Cosenza Fulvia Piro, che lo scorso 5 maggio la Piro ha assolto Gennaro P. dall’accusa di abuso dei mezzi di correzione, sembra proprio di sì.
Gennaro P. era stato portato in giudizio per aver schiaffeggiato, il 7 giugno 2007, uno dei figli minori di sei anni che per gioco aveva nascosto i soldi riposti dal padre su una libreria. Il bimbo negò e l’uomo reagì tirandogli, per come è emerso nel corso del dibattimento, “uno o due schiaffi”.
I guai giudiziari per Gennaro cominciarono il giorno dopo, quando la maestra si accorse dello strano comportamento del bambino e chiamò dapprima la pediatra e successivamente il pronto soccorso, i cui medici repertarono al piccolo lesioni da percosse guaribili in sette giorni.
Adesso a distanza di tre anni per l’uomo è arrivata l’assoluzione. Nelle motivazioni della sentenza si legge che lo schiaffo è “un mezzo di solito adoperato per censurare una disubbidienza da parte di un genitore e ottenere un risultato correttivo nei confronti del figlio minore attraverso le maniere forti”. Insomma a spingere Gennaro ad alzare le mani sarebbe stato l’ “animus corrigendi” e quindi “restando escluso l’uso sistematico della violenza quale trattamento ordinario del minore non può ritenersi integrata l’ipotesi criminosa contestata”.
Come dire: uno schiaffo è educativo. Ed isolato, ancora di più!
Contro la decisione del giudice Piro si scontrano però le tesi di numerosi pedagogisti ed educatori i quali ritengono che alzare le mani non sia il metodo migliore per richiamare l’ubbidienza dei figli. Tant’è che sul numero di maggio di “Pediatrics”, la più importante rivista di pediatria al mondo, è stato pubblicato uno studio scientifico sull’argomento. Catherine Taylor e altri ricercatori della Tulane University’s School of public health and tropical medicine di New Orleans hanno intervistato più di 2.500, madri di bambini di tre anni, chiedendo loro una serie di informazioni su elementi che potevano influire sul comportamento dei figli.
Poi è stato domandato quante volte avessero sculacciato il figlio nell’ultimo mese e solo la metà non aveva mai alzato le mani.
Dopo due anni dalle interviste al controllo effettuato è risultati che coloro i quali erano stato picchiati da piccoli avevano il 50% di probabilità in più degli altri di avere comportamenti aggressivi.
“Il meccanismo con cui ciò accade –spiegano gli autori dell’articolo scientifico-, potrebbe essere duplice: da un lato, poiché l’esempio è il primo insegnamento, i bambini potrebbero imparare dai genitori stessi che la violenza è il modo migliore per risolvere i problemi; dall’altro, non si può escludere che le botte interferiscano in maniera diretta con lo sviluppo cerebrale ed emozionale del piccolo, modificandone l’atteggiamento”.
Con schiaffi e sculacciate quindi, altro che funzione educativa, si rischia di alimentare l’aggressione del piccolo che a cinque anni potrà essere più violento dei compagni con cui sono usate maniere ferme, ma più dolci.
Luigi Mariano Guzzo

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