La vicenda dello school bonus potrebbe essere riassunta in 4 parole: tanto rumore per nulla.
Quando venne approvata la legge 107 la norma che consente ai privati di fare elargizioni alle scuole e di ottenere qualche beneficio fiscale accadde di tutto e di più
L’intero schieramento del “no 107” si disse contrario, con la motivazione: “Questo farà sì che ci saranno scuole di serie A e scuole di serie B perchè nei territori meno ‘ricchi’ nessuno farà elargizioni”.
In realtà sarebbe bastato leggere con attenzione la norma per capire che nel concreto non sarebbe accaduto proprio nulla: i contributi, innanzitutto, devono essere “destinati – si legge al comma 145 della legge 107 – agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti”.
Ma poi c’è la procedura che è particolarmente complicata, tanto che per far arrivare i fondi alla scuola interessata occorre almeno un anno dal momento dell’erogazione (senza contare che comunque il Miur trattiene il 10% di tutto per distribuirlo fra tutte le altre scuole).
Adesso sono stati resi noti i dati sui contributi versati dai privati nel 2016: si tratta di 58mila euro, derivanti da 4 contributi di 10mila euro ciascuno erogati da altrettante aziende; il resto deriva da modeste elargizioni di qualche decina di famiglie.
E a questo si tratta di capire cosa se ne farà mai una scuola di 100-200 euro per la manutenzione? Cambieranno due rubinetti o uno sciacquone?
Ma la polemica adesso si sta spostando sul fatto che la trafila per le scuole paritarie è decisamente più semplice perchè i soldi vanno direttamente dal “benefattore” alla scuola.
Pare quindi che al Ministero stiano lavorando per semplificare le cose anche per le scuole statali.
E pensare che a suo tempo il movimento no-107 aveva persino dedicato tempo ed energie per raccogliere le 500mila firme necessarie per sottoporre la norma a referendum, quando invece sarebbe bastato aspettare che lo school bonus morisse di morte naturale.
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