Una recente pronuncia del Tar Lazio (n. 95/2021) ha riaperto le porte agli aspiranti docenti che desiderano frequentare il corso di Scienze della Formazione primaria, divenuto indispensabile per i giovani che aspirano all’insegnamento nella scuola primaria.
Alcuni candidati che avevano partecipato al concorso per l’ammissione al corso di laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria bandito dall’Università di Palermo, si erano rivolti al Tar in quanto non erano stati ammessi al Corso di laurea, pur in presenza di posti disponibili.
Infatti, a fronte di 309 posti, erano stati ammessi appena 256 candidati.
L’Università di Palermo aveva indetto un bando per l’accesso al Corso di formazione, in cui metteva a disposizione 309 posti per gli aspiranti docenti.
Il D.M. n.395/2019, che regola “modalità e contenuti della prova di ammissione” al corso di laurea, dal canto suo prevedeva il superamento di una prova di ammissione con un punteggio minimo di 55/80.
“Nel caso in cui la graduatoria dei candidati ammessi risulti composta da un numero di candidati inferiore al numero dei posti disponibili indicati nel bando, non si procede ad alcuna integrazione e il corso è attivato per un numero di studenti pari al numero degli ammessi” (art. 1, comma 11 D.M. cit.).
Nel caso in specie, si trattava di rispondere ad 80 quesiti a risposta chiusa, con l’attribuzione di 1 punto per ogni risposta esatta e 0 punti per ogni risposta omessa o errata.
Il Tar ha ricordato che le prove selettive hanno quale fine quello di contenere le immatricolazioni degli studenti all’interno dell’offerta formativa e didattica e non quello di limitare l’accesso ai corsi di laurea a causa del mancato raggiungimento di una soglia minima di punteggio.
Si tratta di una questione sulla quale si è da tempo formata una consolidata giurisprudenza del Giudice amministrativo, dopo la decisione del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 1/2015.
A diversa conclusione si perverrebbe qualora le prove selettive avessero la funzione di accertare specifiche capacità, indispensabili per affrontare quel particolare tipo di studi (per esempio, la conoscenza della lingua inglese, in caso di corsi tenuti esclusivamente in inglese).
Nel caso dell’Università di Palermo, si trattava invece di una prova selettiva generica (quesiti di cultura generale e logica), per cui era del tutto irragionevole impedire l’accesso al corso di laurea, pur in presenza di posti disponibili.
A volte si dimentica il chiarissimo principio affermato dall’art. 34 della Costituzione che- nel riconoscere universalmente il diritto allo studio- sancisce appunto che “la scuola è aperta a tutti”.
In quest’ottica, il limite numerico (c.d. “numero chiuso”), previsto per le immatricolazioni in alcune facoltà, può essere considerato ragionevole, solo ove finalizzato a non superare le capacità formative dei singoli Atenei, tenuto conto del diritto allo studio, tutelato dall’art. 34 Cost. (vedasi TAR Lazio III Sezione, sentenze 10309/2019 e 12808/2019).
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