“Pay rise”, “Less work taxes” e “Teachers in first line”. Questi gli slogan delle decine di migliaia di docenti in piazza a manifestare contro l’esecutivo per la scarsa considerazione del ruolo, limitati investimenti sul piano economico e politico, promesse di adeguamento salariale mai mantenute.
Centinaia le scuole colpite, chiuse, con studenti a casa o a supporto dei docenti in piazza: notevoli gli impatti sulla didattica, già interessata da due anni di chiusure e calo prestazionale degli studenti, specie nelle discipline STEM, per cui si registra carenza di personale docente specializzato. I regimi concorsuali sono a rilento: pochi candidati, sistema saturo da una parte, mancanze e carenze non sufficienti per avanzare nuove posizioni. Congelati da un biennio gli investimenti programmati sulle strutture scolastiche, che al 24% rischiano la chiusura definitiva per presunta inagibilità, specie nelle aree rurali, già a corto di strutture.
Migliaia di persone hanno scioperato in data odierna, compresi gli insegnanti in Inghilterra e Galles che sono al loro primo sciopero nazionale dal 2016. Si ritiene che siano state interessate ben 23.000 scuole, ha dichiarato la National Education Union (NEU), sebbene l’entità dei disservizi sia variata. Altre figure professionali che hanno preso parte alle proteste includono il personale universitario, i dipendenti pubblici, i conducenti di treni e autobus. La maggior parte avanza una reale crisi economica ove gli stipendi non sono a passo con l’iperinflazione.
Il segretario all’istruzione Gillian Keegan ha affermato che “la stragrande maggioranza” delle scuole sarà aperta in via parziale per garantire lo svolgimento delle attività di base. Tuttavia non è chiaro come sia organizzato l’insegnamento all’interno delle singole scuole primarie e secondarie, dato che molte migliaia di insegnanti sono in sciopero. Secondo il NEU, l’85% delle scuole ha risentito direttamente dell’ondata di scioperi. Il Dipartimento per l’Istruzione dovrebbe rilasciare i dati sulla chiusura delle scuole nel corso della giornata di domani.
Con la Circolare n. 10058 del 28 gennaio 2023 il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha comunicato uno sciopero avanzato dalla sigla USB P.I. Scuola previsto per il prossimo 10 febbraio. Quest’azione, in particolare, interessa tutto il personale docente, ATA, educativo e dirigente a tempo indeterminato e determinato. Tra le motivazioni avanzate dalla sigla figurano temi bollenti, tra cui la mancata reintegrazione dell’organico COVID, mantenimento dei vincoli di mobilità per il personale docente, inadeguato rinnovo parte economica del CCNL soprattutto per le categorie con retribuzione minore.
I punti salienti, inoltre, sembrano essere relativi ad un mancato adeguamento salariale ed ai vincoli di mobilità, con un costo atroce per il corpo docente. Tra le critiche rivolte al Mim il mancato inserimento di aumento organici docenti ed Ata nei provvedimenti legislativi recenti.
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