La manifestazione di ieri, con un grido di allarme fatto esplodere dai nostri ragazzi, ci ha detto tante cose.
Se uno le vuole cogliere al volo.
Sì, è vero, come per ogni stagione giovanile ci sono anche delle contraddizioni nel comportamento dei nostri ragazzi.
Come ce ne sono in noi adulti.
Ma vedere tanta sensibilità non può non colpire, non può non scaldare il cuore.
Ora si tratta di passare dagli slogan ai fatti, agli stili di vita, a forme concrete di sobrietà.
Utopia?
Un po’ di utopia ci vuole sempre nella vita.
Una utopia, però, come sempre nella vita fatta e costruita sul sapere, sulla conoscenza, ma anche su una idea di qualità di vita, di futuro, che possa dare una speranza per tutti.
E non solo per pochi.
Una speranza, dunque, per tutti.
Qui la formazione a tutto tondo, con la scuola e l’università in prima fila, diventa il vero grande imperativo dei nostri tempi.
Per questo motivo, credo che si possa parlare, per il clima, di vera e grave emergenza, la quale ci costringerà a nuovi stili di vita, di economia, di sviluppo.
Dovremo scegliere ed adattarci a modi nuovi di vivere, a cose nuove.
Ma ci vogliono risorse, ci vogliono priorità diverse, ci vuole tanta buona volontà.
Non parlo di decrescita, ma di una nuova crescita, secondo profili eticamente e socialmente sostenibili.
Intanto teniamoci caro questo atto di coscienza.
E lasciamo che questi stessi ragazzi, assieme a noi, maturino questo cambiamento, perché produca scelte e comportamenti evidenti, condivisi, nuovi.
Resta la domanda: quale sviluppo economico compatibile con l’ambiente e con la crescente qualità della vita?
La quale fa pendant con l’altra: ma le nazioni povere, o le fasce sociali più in difficoltà non chiederanno, non pretenderanno, prima o poi, che questa compatibilità non sia contro, ma per la loro legittima richiesta di equità e di giustizia sociale?
O questa discussione è affare solo dei Paesi ricchi?
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