C’è soddisfazione da parte dei sindacati di base per l’esito dello sciopero generale del 29 novembre.
Lo annuncia Piero Bernocchi, segretario nazionale Cobas, con un comunicato di queste ore.
A confronto con lo sciopero generale del novembre 2023 convocato in solitaria da CGIL e UIL – afferma Bernocchi – la presenza delle sigle conflittuali ha portato un evidente incremento sia in termini di partecipazione che di diversità delle istanze rappresentate.
La mobilitazione – scrive sempre Bernocchi – ha coinvolto decine di migliaia di lavoratori, studenti e movimenti sociali ambientalisti, climatisti, femministi/transfemministi, pacifisti e no-war.
Le piazze – prosegue il segretario del Cobas – si sono animate di richieste che mirano a contrastare le attuali politiche economiche e sociali del governo Meloni, a partire dagli investimenti nei servizi pubblici essenziali.
“Di particolare rilievo – sottolinea Bernocchi – la riuscita della manifestazione a Roma, promossa congiuntamente dai COBAS, CLAP e CUB, che ha raggiunto tutti gli obiettivi auspicati. In primo luogo, assai positivi i numeri dei manifestanti che, malgrado la cancellazione totale del nostro sciopero e delle nostre manifestazioni operata da tutte le TV e dai ‘giornaloni’, hanno visto in piazza 5 mila partecipanti (il contemporaneo corteo di Cgil e Uil ha registrato 3-4 mila presenze, malgrado l’incessante battage pubblicitario dei media)”.
Secondo i sindacati di base il successo della giornata rappresenta un modello per una mobilitazione più unitaria e convergente futuro.
L’obiettivo – sempre secondo Bernocchi – è ora consolidare questa alleanza trasversale, ampliando il coinvolgimento su scala nazionale per le prossime iniziative di protesta e pressione politica generale e sociale.
Sull’esito dello sciopero ci sono ovviamente anche letture diverse, soprattutto da parte di chi fa rilevare che nella scuola la partecipazione è stata piuttosto contenuta. La spiegazione che in tanti danno è che ormai gli stipendi del personale della scuola sono talmente bassi che molti non si possono proprio più “permettere” di aderire a uno sciopero.
Spiegazione un po’ curiosa; se così fosse significherebbe che gli scioperi sarebbero impossibili perché con stipendi equi il personale non sarebbe motivato a partecipare mentre con stipendi bassi non parteciperebbe perché non potrebbe perdere una giornata di stipendio.
Il fatto è che – se dobbiamo dirla tutta – gli scioperi nella scuola hanno attecchito solo in poche occasioni: nell’ultimo quarto di secolo si ricordano lo sciopero contro il concorsone di Berlinguer (2000), sciopero contro i “tagli” di Gelmini e Tremonti (2008), sciopero contro la “Buona scuola” di Renzi (2015).
Facciamo attenzione: in nessuno dei tre casi c’erano di mezzo né leggi di bilancio né contratti in scadenza.
Difficile capire i motivi della scarsa adesione allo sciopero di questi giorni, anche se certamente la mancanza di unitarietà (la Cisl, come si sa, è rimasta fuori dalla protesta) ha giocato un ruolo importante.
Tanto che c’è anche chi sostiene che, in realtà, nello sciopero del 29 novembre il vero scontro non è stato fra sindacati e Governo, ma fra “sindacati delle piazze” (Cgil, Uil, Cobas e altri) e “sindacati della contrattazione” (Cisl in testa).
Nei prossimi giorni la legge di bilancio andrà in aula alla Camera per il voto: vedremo cosa accadrà.