Anche dopo le buone notizie provenienti dal decreto Sviluppo, la Cgil continua a mettere in cima alle emergenze del Paese la mancanza di investimenti per l’istruzione e la cronica precarizzazione del personale scolastico: nel giorno dello sciopero generale, indetto per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia, con decine di piazze riempite di bandiere rosse con le scritte bianche, le parole dal leader del sindacato confederale, Susanna Camusso, hanno toccato da vicino proprio i nodi del mondo scolastico. “Insieme al tema dei precari – ha detto la Camusso – abbiamo un problema: reinvestire nella scuola. E’ un punto di unità del paese perché un paese analfabeta è un paese di sudditi e non di cittadini. Non c’è democrazia, non c’è libertà se le persone non hanno il diritto di studiare”. Il segretario della Cgil si è quindi rivolto al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, rimproverandola per i tagli che il Governo ha attuato prima ai collaboratori scolastici, con la L. 133/08, e poi con il recente ridimensionamento delle cooperative di pulizia esterne agli istituti: “si ricordi che le scuole vanno pulite – ha sottolineato la Camusso – e vanno in ordine”.
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Sciopero Cgil, la priorità è la scuola. Ma la Cisl accusa: basta politica
A livello sindacale, per l’ennesima volta, da due anni e mezzo a questa parte, il sindacato ha attuato la sua mobilitazione in solitudine: la frattura con le altre componenti sindacali, del resto, è ancora tutta da ricomporre. Alcune componenti del mondo dell’istruzione erano comunque presenti: c’erano i precari, a cominciare dai Cip, ma anche tanti studenti (a Roma e Genova hanno occupato per alcuni minuti le rispettive stazioni centrali), in particolare Unione e Rete degli studenti per le superiori, oltre che Udu e Link per gli universitari.
Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, ha detto che non hanno alcuna intenzione di fermarsi: “non faremo un passo indietro, ma andremo avanti verso un’idea nuova di Paese, fatta di diritti, di welfare per tutti, di scuole ed università pubbliche, di libero accesso ai saperi, di un lavoro libero dalla precarietà, di energie rinnovabili e acqua pubblica”. Roberto Iovino, portavoce nazionale della Rete della Conoscenza, si è rivolto direttamente a Mariastella Gelmini chiedendogli prima che “che fine ha fatto, caro ministro, il diritto allo studio da lei tanto decantato” e annunciando poi “una nuova necessaria e significativa stagione di mobilitazione, che vedrà il suo apice nel prossimo autunno”.
A livello di scuola, anche stavolta le adesioni allo sciopero non sembrano essere andate oltre il 15-20%. Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil, parla comunque di una “forte adesione dei lavoratori della conoscenza. Adesso il Governo ha il dovere di aprire un tavolo di confronto con tutte le organizzazioni sindacali per tornare ad investire in scuola, università e ricerca. Rispetto ai contenuti del decreto per lo sviluppo – ha continuato Pantaleo – rivendichiamo una intesa per garantire la stabilità dei precari della scuola. Vogliamo essere immediatamente convocati per definire il numero preciso delle immissioni in ruolo nei prossimi tre anni, i nuovi criteri con i quali definire gli organici e la garanzia del rispetto delle normative contrattuali”.
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, sottolinea che l’85% di lavoratori è rimasto al suo posto. E accusa la Cgil di essersi ancora una volta fatta carico di prerogative non prettamente sindacali: non è “sufficiente, per suscitare adesioni – ha detto Scrima – caricare fortemente lo sciopero di motivazioni politiche, come si è fatto in modo così clamoroso: si vedano, ad esempio, i dati della Puglia, dove anche chi ha presumibilmente concorso a eleggere il più antigovernativo dei Governatori pare abbia dato una risposta appena percettibile (tra il 5 e i 6%)”. Il leader della Cisl ha detto così di preferire “un’azione sindacale autonoma, concreta, che punta ai risultati e non a sterili, e in questo caso non riuscite, dimostrazioni di forza”.
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, sottolinea che l’85% di lavoratori è rimasto al suo posto. E accusa la Cgil di essersi ancora una volta fatta carico di prerogative non prettamente sindacali: non è “sufficiente, per suscitare adesioni – ha detto Scrima – caricare fortemente lo sciopero di motivazioni politiche, come si è fatto in modo così clamoroso: si vedano, ad esempio, i dati della Puglia, dove anche chi ha presumibilmente concorso a eleggere il più antigovernativo dei Governatori pare abbia dato una risposta appena percettibile (tra il 5 e i 6%)”. Il leader della Cisl ha detto così di preferire “un’azione sindacale autonoma, concreta, che punta ai risultati e non a sterili, e in questo caso non riuscite, dimostrazioni di forza”.
Ad alimentare la polemica tutta sindacale ci ha poi pensato il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi: “nelle stesse ore in cui la Cgil organizzava lo sciopero – ha detto il Ministro – Cisl, Uil, Snals e Gilda ‘portavano a casa’ il percorso di stabilizzazione dei precari della scuola sulla base di un negoziato concreto realizzato nel segno di un’autentica funzione sindacale. Noi continueremo a lavorare per accordi firmati da tutti ma senza accettare il veto delle minoranze ai necessari cambiamenti”.