Che lo sciopero generale proclamato qualche settimana fa da Cgil e Uil contro la manovra finanziaria non sarebbe stato un grande successo lo si poteva intuire già da subito.
I segnali c’erano tutti: lo sciopero, al quale avevano aderito due sole sigle, era stato proclamato su base regionale (e in qualche caso dalla Cgil senza neppure la Uil).
Inoltre la “piattaforma” delle rivendicazioni era centrata quasi tutta sulla legge di bilancio, e cioè su una legge per la quale – come dichiarato già dall’inizio dal Governo – non c’erano molti margini di manovra in quanto sarebbe dovuta servire principalmente per contrastare la crisi energetica e il caro bollette.
Ma immaginare che lo sciopero, che si è protratto dal 12 al 16 dicembre a seconda delle diverse regioni, non sarebbe andato molto al di là del 3-4% era davvero difficile.
Nella scuola, poi, l’esito è stato forse persino ancora più deludente.
In Piemonte, per esempio, hanno scioperato un solo dirigente scolastico e poco più di 440 docenti; meno peggio è andata fra gli Ata dove si è arrivati a sfiorare il 3%.
In Emilia-Romagna hanno scioperato il 3% dei docenti e il 6% degli Ata.
Alla vigilia dello sciopero diverse testate nazionali avevano parlato di scuole chiuse e di “caos” nei trasporti, ma in realtà i disagi per famiglie e studenti sono stati complessivamente ridotti.
A pesare sul risultato c’è anche l’assenza della Cisl che, proprio in questi giorni, si è confermato il sindacato maggiormente rappresentativo del comparto scuola.
E non da oggi, il sindacato guidato da Ivana Barbacci ripete che lo sciopero va usato con molta attenzione anche perché uno sciopero che fallisce non fa altro che dare spazio alla controparte riducendo, di fatto, la credibilità dei soggetti che lo hanno proclamato.
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