Questa volta non occorre fare le verifiche sui dati relativi alla massiccia adesione allo sciopero di oggi. Le maree di manifestanti in tutte le città italiane parlano da sole. Un solo dato per tutti: un milione circa a Roma. Ed ora è “assedio” al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Forse nemmeno gli stessi organizzatori si sono resi conto della grande mobilitazione del mondo della scuola. Per la prima volta si sono visti uniti nella protesta studenti universitari con studenti di ogni ordine e grado; docenti delle primarie assieme a docenti universitari; e poi ancora, dirigenti scolastici, rettori, genitori di alunni, personale Ata, sindacati e associazioni di categorie, comitati spontanei e cortei improvvisati si sono dati la mano per “salvare” la scuola italiana da un possibile disfacimento. L’unico sconfitto, almeno nell’immagine, sembra essere stato il governo. Per Epifani “il Paese è insorto”. Espressione che trova conferma, oltre che nei numeri, anche nella forte personalità di tutta l’operazione. Sul campo: Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals, Cub-Scuola,Gilda degli Insegnanti, Anief, Cittadinanzattiva, Adpm, Sisa, Cip, Unicobas e tantissime altre associazioni sindacali.
La Sicilia, considerata la roccaforte del Popolo della libertà, tanto cara a Berlusconi, l’Isola di Cuffaro e Scapagnini, ha dato un grande contributo alla protesta. Oltre a Palermo, dove hanno dimostrato più di 50.000 persone, manifestazioni contro la legge sulla scuola della Gelmini si sono svolte nelle altre città siciliane.
Secondo la Cgil, “20.000 persone sono scesi in piazza a Catania, 10.000 a Messina, 6.000 a Siracusa, 10.000 a Trapani, 5.000 a Caltanissetta. Manifestazioni anche nei piccoli centri. A Cefalù, per esempio, in provincia di Palermo, tutte le scuole superiori sono rimaste chiuse”. Se si fanno delle proporzioni in base alla popolazione e alla grandezza delle città si nota che le percentuali sono alte in tutti i centri siciliani.
Ciò dimostra, per certi versi, che la protesta contro la nuova legge che prevede tagli di personale e risorse della scuola non piace a nessuno, dal Nord al Sud, Isole comprese.
Quanto è accaduto oggi, tra l’altro documentato minuto per minuto e diffuso nei media grazie alle nuove tecnologie telematiche, dovrebbe far riflette il governo affinché apra al dialogo con tutte le forze del Paese prima di intraprendere strade impraticabili.
La scuola e l’università vanno riviste e riformate, e su questo anche gli stessi manifestanti sono d’accordo. I giovani di questa nuova generazione stanno dimostrando maggiore saggezza, e rispetto della società, degli adulti. Riconoscono che vanno fatte delle modifiche al sistema scolastico ma non è questo il modo né la soluzione.
Questi giovani hanno trovato, grazie alle azioni “unisensoriali” del governo, un motivo per riscoprirsi uniti per combattere per una scuola migliore e quindi per una nuova società: “grazie governo!” gridano.
Infatti, quello di oggi è solo l’inizio di una serie di iniziative di protesta. Ad esempio, l’Unicobas ha fatto sapere che “da domani – ha dichiarato in un comunicato stampa – varerà il blocco totale delle attività aggiuntive per i docenti (gite, disponibilità a coprire i colleghi assenti, progetti oltre l’orario contrattuale) e degli straordinari per amministrativi e collaboratori”.
Intanto Veltroni e Di Pietro pensano al referendum. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, invece, accusa “la sinistra scandalosa per via delle strumentalizzazioni e per la capacità di rovesciare la verità”.
Sembra una contraddizione sentire queste parole proferite dal capo del governo, ma al momento ci si deve accontentare: viviamo in un’epoca in cui la verità viene fatta passare per bugia e la bugia per verità.