Sciopero del 12 marzo, tanti studenti ma adesioni ferme al 12%
Se gli effetti di uno sciopero generale si misurassero attraverso il numero dei partecipanti e le reazioni del Governo si potrebbe dire che la mobilitazione del 12 marzo, indetta dalla Cgil, oltre che dai Cobas, dall’Unicobas, dal Cub Scuola, dall’Usi-Ait e dall’Anief, ha poche possibilità di cambiare il destino della scuola. Secondo il dipartimento della Funzione pubblica ha infatti aderito solo il 10,55% dei lavoratori del pubblico impiego; è andata leggermente meglio al comparto Scuola (91.827 dipendenti su 824.486) che però non è andato oltre uno poco incoraggiante 12,06%.
Dati, in linea con le ultime proteste della Cgil, che al termine della giornata davano la possibilità al responsabile del dicastero dalla Funzione pubblica, Renato Brunetta, di paragonare il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, a “Tafazzi“, affermando che la protesta della Cgil è stata “unflop“. Ed anche il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, non è andato per il sottile sostenendo che “lo sciopero si è svolto per la prima volta alla vigilia diun’elezione,a conferma della sua motivazione squisitamente politica e collaterale ai partiti di opposizione. La linea ‘politicista’ – ha concluso Sacconi – spiega la bassa adesione e incoraggia il peggiore antagonismo“.
La mobilitazione nazionale ha però contenuto anche diversi motivi di interesse. Prima di tutto perché nelle tante piazze riempite, oltre 100, c’erano diverse decine di migliaia di studenti. Ed anche dei raggruppamenti abbastanza consistenti di genitori, molti dei quali con in mano il loro nuovo simbolo della protesta, la carta igienica. Categoria che “sfuggono” alla verifica dello sciopero, ma di cui le istituzioni devono per diversi motivi tenere conto. In secondo luogo perché non si poteva di certo chiedere ai sindacati, peraltro che non hanno nemmeno firmato il contratto, di far tornare Governo e Miur sui loro passi compiuti sul fronte dei tagli e delle riforme.
Le contestazioni (numericamente poco incisive, anche se Cgil e Cobas parlano di adesioni ben più alte, con punte del 50%) potrebbero a questo punto avere il loro peso, dando ragione al ministro Sacconi, in occasione dell’imminente rinnovo delle Giunte di 13 Regioni. Una prospettiva che, qualora fosse reale, porrebbe non pochi dubbi sul ruolo del sindacato: che, sino a prova contraria, non dovrebbe spendersi sul fronte politico, ma esclusivamente nei ben più stretti spazi a tutela esclusiva dei lavoratori. E così la pensano, anche, i sindacati firmatari del contratto (non a caso nella mobilitazione del 12 marzo tutti assenti): la Cisl ha addirittura parlato di “fallimento” di una protesta che se posta in questo modo “indebolisce il sindacato“.
Parole ben diverse si erano spese, invece, in mattinata nelle piazze piene di manifestanti. Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, ricordava, che la protesta è stata resa necessaria da fatti inequivocabili: “moltissime scuole cadono a pezzi e le università pubbliche rischiano la bancarotta“. I Cobas hanno riassunto le rivendicazioni in un volantino, distribuito durante la manifestazione a Roma partita da piazza della Repubblica: oltre ai tagli e alle nuove superiori da rigettare, il sindacato di base – che ha sfilato con in testa precari e che sino a domenica prossima manterrà un ‘presidio permanente’ davanti al Miur – ha contestato “il decreto Brunetta, il disegno di legge Aprea, la gerarchizzazione nella scuola e il decreto `ammazza precari’, l’illegale `tassa’ imposta alle famiglie all’atto delle iscrizioni e l’abbassamento dell’obbligo scolastico a 15 anni, per significativi investimenti”.
Molto attivi, oltre le aspettative, sono stati, dicevamo, anche gli studenti: per le associazioni studentesche ne sarebbero sfilati addirittura 300mila in tutta Italia. Unione degli studenti, Rete degli studenti, Link coordinamento universitario e Unione degli universitari hanno sfilato, da soli o assieme ai cortei organizzati dal sindacato di Guglielmo Epifani, chiedendo a gran voce al Governo la sospensione dei provvedimenti che penalizzano l’istruzione pubblica ed il diritto allo studio: la maggiore partecipazione studentesca si è sviluppata a Padova, dove hanno manifestato quasi 10mila giovani. Al di là delle aspettative anche il numero di studenti che hanno aderito all’iniziativa a Torino e Milano (5mila). In 2mila a Bologna. Consistente anche la presenza al sud, in particolare in Sicilia, a Trapani, Catania, Caltanissetta, Enna e Palermo. Secondo Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, “l’alto numero di studenti in piazza rappresenta un risultato davvero importante“. Una presenza inaspettata che deriva da “uno stato di crisi generale, non solo scolastica ed universitaria, che abbraccia tutti gli ambiti, da quello culturale alla democrazia“. Le associazioni studentesche non si fermeranno qui: hanno in programma un fitto calendario di altre mobilitazioni ed iniziative.