L’intesa raggiunta a giugno fra Confederali, alcuni partiti e autorità romane sta già vacillando: l’Usb, che ha fatto ricorso, avrebbe avuto l’ok per sfilare a Roma venerdì 20.
La concessione fatta all’Usb, in occasione della manifestazione allargata al Pubblico impiego della prossima settimana, creerebbe un precedente importante. Perché, di conseguenza, i sindacati di base della scuola potrebbero fare altrettanto in occasione della mobilitazione del 13 novembre. E superare, quindi, l’accordo dell’estate scorsa, in base al quale la questura romana darebbe l’assenso a procedere con i cortei solo qualora vi fosse un considerevole numero di partecipanti potenziali.
Tanto è vero che in queste ore Unicobas e Cobas stanno cercando di convincere la questura ad ottenere un permesso analogo. La richiesta del sindacato di d’Errico è quella di partire da una zona a ridosso della stazione Termini (piazza Esedra o dell’Esquilino), far transitare il corteo su viale Cavour e poi far snodare i partecipanti alla manifestazione per le vie del centro. Sino a piazza Santi Apostoli.
In alternativa, qualora la questura non dovesse cedere, la manifestazione si trasformerebbe in un sit-in in piazza dell’Esquilino. In tal caso, ovviamente, si tratterebbe di un evento di protesta meno “visibile” del previsto.
“Da parte nostra – ci spiega il leader Unicobas, Stefano d’Errico – ce l’abbiamo messa tutta a sfilare con i Cobas, i quali però nelle ultime settimane non hanno mai preso in considerazione il nostro invito”.
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Il risultato è che dopo lo storico stop dello scorso 5 maggio, il fronte sindacale scolastico sembra essere tornato indietro di due anni. Perché Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola, compresi Snals e Gilda, con il nuovo anno scolastico non hanno ancora proclamato scioperi. I Cobas di Piero Bernocchi, invece, che hanno invocato a lungo la serrata unitaria, si muoveranno per conto loro. Probabilmente assieme agli studenti. E l’Anief, l’altro sindacato che ha aderito allo sciopero di venerdì 13, ha programmato un doppio sit-in Roma davanti al Miur e al Parlamento.
Tutto questo avviene proprio mentre l’Aran ha proposto, nel corso dell’incontro tenuto con i sindacati l’11 novembre, la riduzione dei comparti pubblici da 11 a tre: rimarrebbero in vita la Scuola, la Sanità e il mega-comparto della Repubblica, nel quale dovrebbero confluire quindi sia i ministeri che gli enti locali. “Ridurre i comparti a tre – ha detto il segretario confederale Cisl, Maurizio Bernava – è inaccettabile. Siamo disponibili a discutere la riorganizzazione in quattro aree ma chiediamo più risorse per il rinnovo dei contratti”.
Ma tre o quattro non cambierà di molto il futuro del mondo sindacale italiano. Destinato a concentrarsi su poche organizzazioni, le più grandi. Con i sindacati minori con sempre meno diritti. E sempre più messi all’angolo. Anche quando c’è da manifestare.
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