Categorie: Politica scolastica

Sciopero del 24 aprile: chi partecipa

Scrive Anief sul suo portale: Il disegno di legge 2994 sulla riforma della scuola non va approvato, perché non condurrebbe verso alcuna ‘Buona Scuola’: il 24 aprile il personale della scuola si ferma e scende in piazza a Roma per farlo sapere all’opinione pubblica e ai parlamentari che ne stanno esaminando il testo in questi giorni. Lo sciopero è stato proclamato dai sindacati alternativi Anief, Unicobas e Usb: la protesta prenderà visibilità a Roma, attraverso una manifestazione che partirà in piazza della Repubblica; dalle ore 15.00 è invece previsto un sit-in davanti Montecitorio.

Lo scontento generale per la riforma approvata dal Governo è tale che di ora in ora si stanno aggiungendo all’iniziativa di protesta altri sindacati e associazioni di categoria: hanno comunicato la loro adesione anche altri sindacati autonomi e associazioni di settore, come Cub, Slai Cobas, Autoconvocati, Usi, Orsa-Scuola.

Le motivazioni della protesta sono ad ampio raggio: si va dai docenti e Ata sottopagati e tappa-buchi alla mancata assunzione di tutti i supplenti, perché il piano di assunzioni non risolve il problema del precariato, dalla necessità di recuperare i 250mila posti di lavoro tagliati negli ultimi anni alla minaccia sempre più seria nei confronti del diritto allo studio, che nelle intenzioni di chi ci governa va affidato ormai all’illegittimo contributo “in”volontario delle famiglie o agli interventi interessati dei privati, mentre i finanziamenti statali per la scuola pubblica sono tra i più bassi d’Europa. I dipendenti dicono poi no alle prospettive di mancato sblocco degli scatti stipendiali, di attribuzione al dirigente scolastico del potere di nomina, di trasferimento e di aumenti stipendiali del personale.

Alcuni partiti politici inoltre aderiscono alla manifestazione, per sostenere, si legge in un comunicato di Rifondazione comunista, le rivendicazioni dei lavoratori che, truffati dalla promesse di assunzione del governo Renzi, si ritrovano ad essere ancora una volta un costo da tagliare invece che una risorsa sulla quale investire.

Dei 250.000 insegnanti che negli ultimi decenni hanno sorretto la scuola solo 100.000 forse vedranno riconosciti i loro diritti acquisiti mentre tutti gli altri, a parità di requisiti, verranno liquidati, con un evidente risultato di segno negativo: meno 150.000 lavoratori, i nuovi esodati dello Stato.

“Con questa riforma della scuola pubblica”, si legge in alcuni comunicati, “si è addirittura superata l’eliminazione dell’articolo 18 nel privato: la chiamata diretta del Preside-manager previene il licenziamento di chiunque volesse obiettare escludendolo a priori dal lavoro. Inoltre, in contrapposizione con quanto espresso più volte dagli italiani, l’unico investimento certo coincide con l’ennesimo e anticostituzionale finanziamento alle scuole private”. 

Pasquale Almirante

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