Sciopero del 24 novembre, non sarà unitario: i sindacati di base si sganciano
È durato pochi giorni il progetto di uno sciopero unitario con tutti i sindacati che, coscienti della “stretta” ulteriore del Governo Monti sulla scuola, sembrava convogliare sulla data del 24 novembre. Dopo un’iniziale adesione, i Cobas hanno infatti deciso (probabilmente spinti dalla base) ad anticipare la mobilitazione di una decina di giorni, fissando la protesta al 14 novembre. Ora, anche l’Unicobas (che inizialmente aveva indetto una terza data, quella di venerdì 16) ha deciso di convogliare sui “cugini”.
A spiegarne le ragioni è il segretario nazionale, Stefano d’Errico. “Lo facciamo per l’unità della categoria: uniamo il sindacalismo alternativo per vincere”,ha detto il leader dell’Unicobas. Non mancando, tuttavia, di rendere pubbliche le sue perplessità: “avremmo preferito un venerdì, perché un giorno infrasettimanale è meno idoneo ad una manifestazione nazionale. Inoltre, sulla scelta Cobas influisce l’indicazione della CES (CISL internazionale, alla quale dopo la caduta del muro ha aderito anche la CGIL), deviando l’attenzione dallo specifico scuola su di una data segnata dalla general-generica ed inaccettabile piattaforma scelta dai sindacati concertativi, che non contesta minimamente la politica della Banca Centrale Europea, all’origine dei provvedimenti presi dal Governo Monti, 24 ore di docenza incluse”.
Per d’Errico, insomma, “il rischio della confusione è evidente, così come quello di mandare in secondo piano la lotta della scuola. Perciò riteniamo che il 14 Novembre, ogni iniziativa di piazza debba venire caratterizzata dalla presenza della scuola in testa ad ogni corteo”.
Inoltre, l’Unicobas, “contrariamente a quanto scelto dai Cobas (che pensano ad iniziative locali), sta lavorando per una manifestazione nazionale a Roma dalla mattina sotto il Ministero dell’Istruzione”.
Ma veniamo ai motivi della protesta. Tra le preoccupazioni del sindacato di base c’è infatti ancora l’aumento d’orario a 24 ore per i docenti di medie e superiori: “è ancora nel testo – spiega d’Errico – e verrà discusso dal 5 novembre in aula”. Le dichiarazioni relative allo stralcio’del provvedimento, rese dagli esponenti del Governo non convincono l’Unicobas. “Anche perché lo stesso Profumo ha ammesso di aver in serbo comunque un provvedimento parallelo, come sul blocco dei contratti e dell’indennità di vacanza contrattuale. Per l’Unicobas, sino a quando il Ministro non compirà atti precisi, idonei a rendere davvero visibile la rinuncia all’orario maggiorato, il rischio permane. Di’aumento d’orario non se ne deve parlare più, neppure destinandolo alla contrattazione. È semplicemente inaccettabile. Inaccettabile perché in 5 anni taglierebbe almeno 30.000 cattedre. Inaccettabile perché non solo produce un aumento generale dei carichi di lavoro senza alcuna contropartita economica, bensì snatura proprio lo specifico della funzione docente al livello impiegatizio. Inaccettabile perché a 24 ore di docenza si aggiungono almeno altre 4 ore di lavoro extra-cattedra (un terzo in più del già ampio orario sommerso per preparazione lezioni, correzione compiti, valutazione individuale, riunioni di scrutinio, programmazioni, riunioni Consigli di Classe, Collegi dei Docenti), per un totale di circa 40 ore settimanali)”.
Lo sciopero assume inoltre “come obiettivo irrinunciabile anche il netto rifiuto del cosiddetto ddl Aprea, che introdurrebbe la chiamata diretta (e discrezionale) del personale da parte del dirigente scolastico, l’ingresso del privato come committenza nei Consigli di Istituto, la valutazione discrezionale del personale da parte del dirigente medesimo e l’annullamento di fatto degli Organi Collegiali”.
L’Unicobas ritiene inoltre “irricevibile, per la miseria degli obiettivi indicati nella piattaforma proposta (che non menziona l’opposizione al ddl Aprea)” lo sciopero del 24 di Confederali Snals e Gilda: “sigle sindacali da sempre inclini ad avallare le politiche governative, che presumibilmente si preparano ad accettare compromessi al ribasso e a svendere la categoria, come già successo ai tempi dello sciopero del 30 ottobre 2008 contro la riforma Gelmini, piazzato esattamente per il giorno dopo l’approvazione definitiva di quella legge che destrutturò poi la qualità della scuola, tagliando 130.000 fra cattedre e posti ATA”.
Anche sulla scelta di far incrociare le braccia al personale il sabato, d’Errico ha molto da dire: “risulta in servizio solo il 20% dei docenti, sono chiuse tutte le scuole primarie (sulle quali grava comunque la trasposizione delle 2 h. di programmazione settimanale sull’orario frontale) e la metà delle medie inferiori”.
L’Unicobas, infine, conferma che lo sciopero viene preparato con la proclamazione immediata dello stato di agitazione a livello locale e nazionale, così articolato: nella settimana dal 5 al 10 novembre, in concomitanza con la discussione in Parlamento egli emendamenti al testo del decreto di stabilità, l’iniziativa di lotta "Profumo di didattica" – assieme a USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB – che prevede assemblee dei lavoratori, con gli studenti, con i genitori, didattica alternativa e l’astensione da ogni attività aggiuntiva non obbligatoria, presidi ed iniziative locali.