Un fatto è certo: la proclamazione dello sciopero del 5 maggio da parte dei 5 sindacati principali rappresenta in concreto una vittoria indiretta del sindacalismo di base.
Lo sottolineano con toni e modi diversi Unicobas, Aneif, USB e Cobas.
I primi tre, in un comunicato unitario, ricordano che “la discussione del disegno di legge inizierà proprio il 23 aprile, giorno di approvazione del DEF e quindi la mobilitazione per convincere il Parlamento e il Governo a ritirare o a emendare il testo deve partire prima e subito con lo sciopero del 24 aprile proclamato da Anief, Unicobas e USB, a cui hanno aderito altre cinque sigle sindacali”.
Ma gli stessi tre sindacati non hanno intenzione di fermarsi al 24 e infatti dichiarano: “La protesta potrà continuare il mese successivo, con una staffetta di scioperi, in maniera unitaria, se verrà approvata una piattaforma comune tesa a respingere in blocco il provvedimento”.
Dal canto loro i Cobas sostengono che è proprio grazie alle loro azioni e al loro lavoro di informazione all’interno delle scuole, lavoro svolto spesso insieme con l’Unione degli Studenti, che si è creato un clima di forte “pressing” sulle segreterie dei sindacati principali che, alla fine, sono stati quasi “costretti” a proclamare lo sciopero.
Ovviamente i 5 sindacati rappresentativi non ci stanno a prendere per buona questa lettura dei fatti e sostengono che comunque lo sciopero ci sarebbe stato comunque. Nel corso della manifestazione di questa mattina, per esempio, Rino Di Meglio (FGU-Gilda) è arrivato a dire che lo sciopero del 5 è solo un inizio e se non ci saranno risposte chiare da parte del Governo si potrà arrivare persino allo sciopero durante i giorni degli scrutini.
Per parte loro i Cobas sperano ancora che le segreterie territoriali dei principali sindacati riescano a convincere i propri vertici a spostare la protesta dal 5 al 12, mentre Unicobas, Anief e USB insistono sul fatto che il ddl è del tutto inemendabile e irricevibile (e su questo c’è accordo con i Cobas che ritengono che obiettivo degli scioperi deve essere proprio quello di ottenere il ritiro del disegno di legge).
L’impressione che si ha è che il fronte della protesta non sia particolarmente compatto e che, almeno per il momento, l’unità di intenti sia più apparente che reale. E, proprio sfruttando questa “falla”, il Governo potrebbe avere buon gioco. Cosa succederebbe, infatti, se nelle prossime ore Renzi annunciasse l’apertura più o meno immediata del tavolo contrattuale e dichiarasse la disponbilità a cancellare alcune norme del ddl (per esempio quelle sugli albi territoriali e sulle supplenze oltre i 36 mesi)?
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