Attualità

Sciopero e giustificazioni, alcune riflessioni

A volte l’entusiasmo del neofita gioca brutti scherzi e fa perdere di vista la realtà e la responsabilità. Se poi ci si mette l’ideologia, è finita: la mente resta del tutto obnubilata.

Occorre uno sguardo di insieme per affrontare con intelligenza situazioni complesse.

Cosa ottima, di per sé, la partecipazione alla manifestazione, soprattutto se al lunedì successivo le classi, i corridoi, i gabinetti, i giardini e le persone della scuola pubblica statale saranno trattati secondo principi di giustizia e di ecologia.

Il “no emissioni” proclamato in piazza significa “no cibo spazzatura” dal bar automatico della scuola e “no scarpe di plastica costosissime”, “no smartphone ultimo modello”, “no jeans strappati da finto povero” derivati dallo sfruttamento dei lavoratori oltre-Muraglia. Anche “no pizza” del rider. Questa è vera ecologia. E se aggiungiamo “no parolacce” che inquinano i discorsi correnti tra ragazzi (e tra docenti), oltre a quelli di chi frequenta le aule parlamentari, i comizi e le interviste in TV, l’ecologia assume una sua fisionomia più credibile…

Ma, si sa, il dettaglio può sfuggire… Infatti al Ministro sfuggono la responsabilità genitoriale e quella istituzionale nei confronti dei minori.

Nessun preside potrà mai “autorizzare” un minore a uscire dalla scuola senza il consenso scritto previo dei genitori; né potrà “giustificare” un’assenza che non sia stata autorizzata dai genitori. In caso di incidente al minore (peggio se inferiore ai 14 anni), scattano le manette, virtuali o reali non ha importanza, per preside e genitori.

Sono regole basilari di comportamento etico, da parte delle Istituzioni, nei confronti delle famiglie e degli alunni minorenni, che sono la stragrande maggioranza della scuola italiana.

Pericoloso, comunque, il pensiero che lo Stato possa sostituirsi al genitore, ma non così vago. Già accade. Di conseguenza, nessuna meraviglia che il preside possa decidere, secondo il ministro, al posto dei Genitori…

Riguardo alla libertà di educare la prole, ad esempio, la libertà di scelta educativa in una pluralità di istituzioni formative è solo proclamata ma non realizzata.

Il genitore italiano non può scegliere, come in tutta Europa, tranne la Grecia, la formazione e l’educazione pubblica (quindi in regola su tutto, in quanto riconosciuta dallo Stato) o statale o paritaria che desidera e che gli spetterebbe.

Il povero e il disabile non possono scegliere la buona scuola pubblica paritaria che desidera. Da notare: “pubblico” non è sinonimo di “statale”.

La scuola italiana – come conseguenza di questo pensiero distorto, perché dove non c’è libertà c’è miseria – è sicuramente apparsa al ministro economista Fioramonti, braccio destro del precedente Bussetti, nella sua nuda realtà di bilancio da profondo rosso. Il cittadino medio non può capacitarsi che il prof. Fioramonti intenda sanare gli squarci della scuola pubblica italiana tassando le merendine o il volo Milano-Roma. Ci vuol altro. Se il sistema della scuola pubblica statale malgestita è un pozzo senza fondo fuori controllo, meglio allora neppure farle certe esternazioni. Chiunque dotato di senno capirebbe che il malato è in cancrena e solo l’amputazione lo salverebbe. E non è detto.

Occorre una consapevolezza che il Ministro economista, per primo, sicuramente ha: la scuola pubblica italiana non si salverà se entrambe le sue gambe (la statale e la paritaria) non funzioneranno come possibilità di libera scelta per il genitore.

E ciò è possibile solo attraverso l’introduzione del costo standard di sostenibilità, calcolato sulle reali spese di ogni fascia scolare e di ogni classe e Regione (si pensi a zone disagiate), che consisterebbe in una dote ad ogni famiglia, da poter spendere per l’educazione del figlio, anche disabile, dove i Genitori desiderano, nella scuola pubblica statale o nella scuola pubblica paritaria.

Come nella Sanità che funziona (vedi Lombardia): col ticket il Genitore può curare il figlio da Multimedica, piuttosto che al S. Raffaele o al Policlinico… ma lo stesso genitore non può scegliere per il figlio disabile la buona scuola pubblica paritaria.

Di conseguenza: non più finanziamenti a pioggia inutili, non più la scuola come ammortizzatore sociale (altrimenti il genitore potrebbe agilmente cercare altrove una scuola migliore), non più docenti discriminati e impossibilitati ad accedere alla scuola pubblica statale o paritaria, a parità di titoli… Questa è civiltà.

Anna Monia Alfieri

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