Dopo diversi anni i sindacati tornano in piazza insieme, ognuno con le proprie ragioni, e questa volta contro Renzi-Giannini. Molte posizioni si sono sempre più caratterizzate per i toni allarmistici e i contenuti spesso pretestuosi e generici: c’è chi scende in piazza per chiedere l’assunzione dei 100.000 insegnanti a settembre, cosa per altro più volte assicurata, e chi per la difesa della scuola pubblica.
L’impressione è che spesso dietro molti slogan e prese di posizione ci sia la volontà di difendere interessi corporativi, di conservare lo status quo, di alimentare il risentimento e la stanchezza; per alcuni anche il tentativo di usare lo sciopero contro il DdL per una contestazione politica: e anche l’enfasi sul “finalmente insieme dopo tanti anni” richiama a una sorta di arroccamento sul passato.
In questo frangente sembra inevitabile la “caccia al nemico”. Restiamo perplessi sulla scelta di questa modalità di espressione della professionalità docente; e lo siamo ancor di più tenendo conto del contenuto del DdL perché:
– la scuola muore di centralismo burocratico, ha bisogno di più autonomia, e nel DdL c’è attenzione a questo tema;
– la scuola ha bisogno di insegnanti stabili, non di precari a vita, e del DdL l’immissione in ruolo dei precari è il punto chiave;
– la scuola ha bisogno di un sistema di reclutamento e di carriera degli insegnanti legati alle capacità reali,
– verificate sul campo, e non a meccanismi di calcolo e punteggi, e il DdL, sebbene vagamente, li prevede;
– gli studenti hanno bisogno di percorsi formativi più agili, aperti alla realtà culturale, sociale e lavorativa di oggi, capaci di rispondere ai loro bisogni reali, e il DdL va in questa direzione;
– l’istituzione scolastica ha bisogno di aprirsi, anche strutturalmente e finanziariamente, ai soggetti del territorio con cui non può fare a meno di collaborare, e questo nel DdL c’è.
Certo, il DdL ha bisogno di essere rivisto in alcuni nodi importanti. Per esempio:
– autonomia: pensare di realizzarla semplicemente attribuendo più poteri al dirigente scolastico è velleitario;
– è l’intera governance della scuola che va ripensata, con un sistema di governo con pesi e contrappesi ben definiti;
– sistema di reclutamento: basato ancora su concorsi nazionali, mantiene la confusione fra superamento delle prove e diritto al posto di lavoro, e perciò continuerà inevitabilmente a produrre precari; inoltre il ruolo assegnato ai dirigenti nell’assunzione del personale è perlomeno ambiguo e a rischio di autodeterminazione dei singoli;
– carriera dei docenti: restano gli scatti di anzianità, ma il bonus previsto dal DdL erogato dal dirigente scolastico è un contentino destinato solo a suscitare contenziosi a non finire;
– curriculum: la proposta di incremento dell’offerta formativa rischia di diventare semplicemente un ulteriore aumento di ore e materie.
E così via: l’elenco delle critiche potrebbe continuare.
Siamo convinti che il cambiamento che il DdL sembra configurare non sia positivo a prescindere, ma tutti
sappiamo che la scuola ha bisogno di interventi radicali e di azioni che, rimuovendo ostacoli e incrostazioni, la
rendano davvero strumento di trasmissione della cultura per il potenziamento delle competenze dei ragazzi e luogo di istruzione ed educazione.
Ci sembra però che lo sciopero del 5 maggio muova non dalla volontà di migliorare il testo di legge e di offrire proposte costruttive, ma di opporsi a ogni cambiamento. In considerazione del dibattito parlamentare che si aprirà nei prossimi giorni rilanciamo con decisione l’indicazione di un metodo: la possibilità di un dialogo costruttivo e reale tra tutti coloro che continuano a desiderare una scuola più capace di valorizzare la libertà e l’iniziativa di tutti i soggetti interessati: insegnanti, alunni, dirigenti, famiglie.
Sul sito di Diesse il testo del DdL, la memoria inviata alla VII commissione della Camera e le proposte emendative elaborate dall’associazione.
di DIESSE