Categorie: Politica scolastica

Sciopero sì, ma solo per i problemi “veri”

Hanno sfilato in questi giorni i lavoratori della scuola che hanno protestato contro la proposta di legge definita “La buona scuola” che il Governo ha messo in essere dopo la consultazione partita in autunno dove docenti, alunni e tutti i soggetti interessati a che la scuola italiana esca dalle secche in cui si trova, erano invitati ad esprimere le proprie proposte.

Io credo che coloro che hanno visto in questo disegno di legge una volontà di affossamento della scuola dovrebbero porsi una domanda: come mai chi è disposto a scioperare nelle piazze contro lo snaturamento del collegio da organo deliberante a organo consultivo non si pone poi il problema del perché attualmente la funzione deliberante del collegio sia puramente formale?

Chi vive la vita della scuola sa benissimo che la tanto difesa funzione deliberante in realtà si è tramutata da anni in una mera ratifica di decisioni prese al di fuori degli organismi, dal preside e dai suoi sodali per i quali le delibere del collegio sono soltanto un mezzo per non rispondere in prima persona delle scelte che troppo spesso vengono prese non per tutelare gli interessi degli alunni o per promuovere la loro crescita culturale e personale ma per tutelare i propri.

Qualche anno fa a scuola mia si deliberò l’entrata alle 8,30 anziché alle 8 perché alcuni docenti non ce la facevano a venire a scuola per quell’ora. Nonostante la protesta dei soliti rompiscatole, la delibera passò.

Ma i casi che dimostrano che la scuola italiana spesso modula la propria organizzazione anziché sui bisogni degli utenti, sulle aspettative di chi vi lavora, sono tanti e del resto chi vi lavora lo sa benissimo che la nostra professione è affidata alla coscienza personale, alla sensibilità e alla maturità civile di ciascuno di noi anziché sul valore e sul senso di una mission condivisa.

Il punto è proprio questo: perché i docenti e i lavoratori tutti della scuola riescono a trovare il collante soltanto quando bisogna rigettare una proposta di riforma della scuola, proposta sulla quale la stragrande maggioranza si è formata un’opinione sui numerosi e oserei dire, ossessivi whatsapp, in cui si è detto di tutto?

Allora mi chiedo: è credibile una protesta che ha questi presupposti? Perché i docenti che reclamano a gran voce di non essere depauperati del proprio potere decisionale, non mostrano la medesima energia quando nei collegi passano delibere il cui scopo non è l’interesse dell’alunno?

In qualche scuola ad esempio le discipline cambiano la struttura oraria indipendentemente da qualunque progetto didattico, unicamente perché si doveva favorire questo o quest’altro insegnante. Il collegio tranquillamente ha approvato nonostante che il rompiscatole di turno abbia sottolineato l’illeggittimità della proposta.

Quale protagonismo stiamo rivendicando se normalmente passa tutto, dal contratto d’istituto che destina la stragrande maggioranza delle risorse per pagare i collaboratori del preside mascherati sotto varie funzioni, alle risorse che vengono sprecate in progetti che sono autentici bluff pedagogici la cui verifica e valutazione è affidata a carte che debbono stare a posto?

E che dire dei progetti che vengono impacchettati unicamente perché “altrimenti si perdono i soldi?”.

Oltre a gridare che non vogliamo la buona scuola nelle piazze vogliamo urlare con tutto il fiato che abbiamo in gola che la nostra dignità la perdiamo ogni giorno perché la nostra energia è spesa in una istituzione che ha perduto la bussola, che ha smarrito il significato profondo della propria funzione, che i nostri alunni non sanno leggere, scrivere e far di conto, non conoscono la matematica e pensano che Carlo Magno e Alessandro Magno erano fratelli?.

Per non parlare di alcuni docenti affetti da turbe psichiatriche e che bellamente, come se nulla fosse, continuano a sedere in cattedra e mettono i voti agli alunni. Su questa valutazione nessuno ha nulla da dire?

Perché non si adopera la stessa veemenza che viene usata contro le prove Invalsi, quando sotto i nostri occhi passano valutazioni di esseri in formazione, che si sono affidati a noi, giudizi che non hanno né capo né coda? Perché il giudizio del docente è insindacabile.

Guai a contestare il voto di qualche docente! Però guai a chi intende valutare il nostro lavoro! In questo caso sorgono i problemi dei criteri.

Ma quando valutiamo gli alunni non ci sfiora mai il dubbio che quel voto sta determinando il futuro di un individuo? E con quale criterio lo stiamo dando? Poniamoci un’altra domanda: ma in virtù di quale ragione la scuola italiana è un cantiere aperto da almeno 40 anni senza riuscire a delineare una stabile , chiara, semplice fisionomia in cui siano chiari i ruoli, le funzioni, le finalità, le responsabilità?

Smettiamola con questa storia delle risorse che non bastano. I soldi quando li abbiamo avuti, li abbiamo sprecati o non li abbiamo saputi spendere. In Campania, sono stati spesi e si continuano a spendere miliardi contro la dispersione scolastica che, come è noto, non è diminuita. Qualcosa vorrà pur dire questo dato. Io credo che per le responsabilità diffuse che purtroppo ciascuno di noi ha potuto verificare a vari livelli, la grande manifestazione, il grande sciopero, è solo un grande anestetico, ha una funzione oppiacea, serve a placare i sensi di colpa e le frustrazioni per la deriva del sistema scolastico italiano che ogni giorno perde pezzi e significato.

Occasioni per vivere un protagonismo attivo e consapevole non mancano. Studiare ad esempio in gruppo il decreto, farne un’occasione di discussione anche con gli alunni poteva rappresentare un momento di collegialità vera. Si è preferito anche questa volta affidarsi alle narrazioni, ai luoghi comuni, agli slogan che annullano la complessità dei problemi.

Proprio come fanno i nostri alunni ai quali noi dovremmo insegnare il pensiero critico e a ragionare con rigore e onestà intellettuale.

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