Ammonta al 60% il numero di docenti, ricercatori, assegnisti, lettori di madre lingua e addetti amministrativi che il 2 marzo hanno aderito allo sciopero contro il DdL di riforma della docenza universitaria. Secondo la Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della Cgil, in alcune città avrebbero incrociato le braccia punte dell’80% del personale accademico. Un risultato che soddisfa i promotori della protesta, riuniti in un "blocco" composto da ben tredici sigle-associazioni sindacali: "Registriamo con grande soddisfazione la straordinaria adesione allo sciopero generale indetto per il 2 marzo 2005 e l’ampia partecipazione alle manifestazioni che hanno avuto luogo in quasi tutte le sedi universitarie", fanno sapere Adu, Andu, Apu, Auri, Cisal-Università, Cisl-Università, Cnru, Cnu, Firu, Flc-Cgil, Snals-Università, Sun e Uilpa-Ur .
Docenti e ricercatori protestano contro una serie di novità introdotte dal disegno di legge: tra i punti più contestati la messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori e il mancato riconoscimento del ruolo di professore svolto; la fine del mantenimento della differenza tra tempo pieno e tempo definito. Chiedono infine una riforma dei concorsi che preveda la netta distinzione tra reclutamento e avanzamento di carriera.
La protesta ha avuto manifestazioni diverse: a Bari c’è stata un’occupazione simbolica dell’ateneo principale; cortei si sono avuti a Torino (2.000 partecipanti) e Pisa (oltre 1.000 manifestanti); una assemblee aperta si è svolta a Bologna (oltre 400 persone); presidi simbolici sino avuti a Firenze, con diverse centinaia di studenti mischiati tra i docenti. Tra le iniziative più
Importanti, la catena umana di Padova e Milano, dove l’Università statale è stata circondata da centinaia di studenti, ricercatori e docenti vestiti con camici da laboratorio e il volto coperto da una mascherina.
Ma la mobilitazione più importante si è avuta a Roma, dove si è svolta una simulazione di un corteo funebre per celebrare la morte prematura dell’Università e della ricerca pubblica: a uccidere gli atenei italiani, secondo i manifestanti, il provvedimento targato Moratti. Il corteo ha attraversato le vie della capitale fino alla sede del ministero dell’Economia, in via XX settembre. Molti i cartelli e striscioni rappresentativi dello stato d’animo di docenti e ricercatori: "Un solo esubero: Moratti", "Nuoce gravemente alla salute della ricerca pubblica", scritto su un grande pacchetto di sigarette che riportava il nome del Ministro dell’Istruzione, indossato da un manifestante.
A Roma si è svolta anche un’assemblea nazionale, alla quale sono intervenute, assieme ai promotori della protesta, diversi rappresentanti delle forze politiche e parlamentari dell’opposizione. Confermata la linea critica contro il DdL, ma dal confronto sono emerse alcune novità. "Il 7% dei fondi destinati all’Università pubblica stanno per essere dirottati verso gli atenei non statali", ha affermato la sen. Chiara Acciarini (Ds) durante l’assemblea. "E’ assurdo – ha continuato Acciarini – che una parte dei soldi destinati all’istruzione universitaria pubblica vengano prelevati e dirottati su Università private: è un ulteriore elemento che va a peggiorare la qualità complessiva di tutto il sistema Università". La senatrice dei Ds ha anche detto di parlare a nome ed in rappresentanza di tutti i senatori che si oppongono al testo del DdL in discussione alla Camera.
All’assemblea, svolta presso la Residenza in Farnese, si sono presentati gli on. Titti De Simone (di Rifondazione comunista), Alba Sasso (dei Ds) e Franca Bimbi (della Margherita). "La proposta del disegno di legge – ha dichiarato Franca Bimbi – è inapplicabile: la linea politica del Governo risulta infatti poco rispettosa del reale sistema universitario. Si tratta di contenuti che sono stati oggetto di negoziazione solo su tavoli tecnici e che non rispondono alla volontà di docenti, ricercatori e studenti".
Durante il confronto si e’ preso atto che gli emendamenti presentati dal relatore di maggioranza, on. Pepe (Forza Italia) non contengono sostanziali novità rispetto al DdL originario. "Tutti i docenti e ricercatori devono avere la possibilità di passare da una fascia d’insegnamento all’altra – spiega Marco Merafina, leader del Coordinamento nazionale dei ricercatori universitari – l’idoneità all’insegnamento deve essere aperta a tutte le fasce e non solo a quella dei ricercatori, peraltro per un breve periodo. Gli emendamenti al testo del disegno di legge non bastano per risolvere i nodi di una riforma totalmente da cambiare: certe correzioni si dimostrano una presa in giro rispetto ai veri problemi da risolvere".
Dello stesso avviso è Enrico Panini, segretario della Flc-Cgil: "Il Governo è entrato nella più assoluta confusione, diviso fra l’incapacità di aprire alcun confronto con un movimento di lotta che dura ormai da sei mesi e che aumenta in consensi ed in capacità di iniziativa, ed il tentativo di portare in porto manovre di inequivoco stampo pre-elettorale".
Per la prima volta, anche la Conferenza dei rettori (la Crui) si è schierata accanto a docenti e ricercatori contro il disegno di legge del sistema giuridico e di reclutamento della docenza universitaria. La posizione critica dei rettori è emersa durante l’assemblea straordinaria svoltasi a Roma, in via Rondinini, in contemporanea allo sciopero di tutto il personale universitario contro il DdL in discussione alla Camera: "E’ giunto il momento – ha detto Piero Tosi, presidente dalla Crui – di uscire dal clima di soluzioni demagogiche e inapplicabili per l’attuale sistema universitario: occorre invece introdurre un’organizzazione accademica su base meritocratica". Secondo Tosi l’unico modo per debellare il precariato universitario è quello di selezionare gli ingressi a questa professione attraverso una selezione equa: "Bisogna affrontare il problema dei precari universitari – ha spiegato il presidente della Conferenza dei rettori – anche attraverso il superamento di sterili posizioni di parte o elettorali: è l’unico modo per superare l’attuale problema nazionale dei ricercatori e docenti accademici".
Nei prossimi giorni le organizzazioni e le associazioni proseguiranno il confronto con le forze politiche e parlamentari, ma contemporaneamente annunciato che prima di Pasqua si svolgerà una manifestazione nazionale a Roma: "luogo e data saranno precisati nei prossimi giorni", annuncia un comunicato unitario. L’impressione è che il clou della protesta debba ancora arrivare.