Attualità

Scontri fra studenti e polizia, come a Valle Giulia nel 1968? Forse no, quella fu una vicenda molto diversa

In occasione degli scontri fra studenti e forze dell’ordine che si sono visti a Roma nei giorni scorsi, molti hanno richiamato alla memoria la “battaglia di Valle Giulia” di quasi 45 anni fa.
Ma cosa fu esattamente quell’evento? E, soprattutto, gli scontri di queste ore si possono davvero paragonare a quelli del 1° marzo 1968?
I più giovani, quasi certamente, poco o nulla sanno di cosa accadde quel giorno a Roma, nella zona di Valle Giulia, dove aveva sede la Facoltà di Architettura.

La Facoltà era già stata occupata dagli studenti universitari nelle settimane precedenti.  Il 29 febbraio intervenne la polizia per procedere allo sgombero.
Il giorno successivo il nascente Movimento Studentesco organizzò una manifestazione di protesta; si formò un corteo di migliaia di studenti che partirono da Piazza di Spagna e si diressero in parte verso la Facoltà di Architettura e in parte verso quella di Lettere.
Gli scontri con le forze dell’ordine furono pesanti e violenti, si contarono più di 600 feriti (480 fra gli studenti, 150 fra le forze dell’ordine); ma la vicenda prese una piega imprevista perché coinvolse non solo il Movimento studentesco ma anche il movimento di estrema destra Avanguardia nazionale giovanile.
Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, ebbe a dire: “Mentre molti continuavano a limitarsi alle richieste di riforma dell’università, noi sostenevamo che partendo dall’università la contestazione dovesse estendersi nel campo politico e sociale. Ecco, al di là dell’aspetto di piazza e ‘militare’, Valle Giulia ebbe questo significato: far capire a tutti che la contestazione era politica, non soltanto studentesca”.

Sentiti molti anni dopo dai giornalisti di Rai News, alcuni protagonisti del Movimento studentesco hanno reso testimonianze che servono a capire meglio il clima in cui maturarono quegli eventi.

“La battaglia di Valle Giulia a Roma tra studenti e forze dell’ordine – racconta Piergiorgio Ramundo –  dimostrò la grande forza di autocoscienza di una generazione che scopriva di essere inconciliabile con lo ‘statu quo’. Il ’68 fu il contrasto tra delle strutture rigide e la vitalità di una generazione creativa, in tutto il mondo. Non c’era nulla di politicamente rilevante, all’inizio. Quel giorno noi volevamo solo rientrare nell’università, che era stata sgomberata e chiusa dalla polizia. Da un po’ di tempo stavamo sperimentando nuove forme di partecipazione, tra le altre cose volevamo valutare anche noi i professori. Impensabile, prima”.   

Ma  la battaglia di Valle Giulia ebbe un significato più complesso, perché rappresentò il momento in preciso in cui il Movimento studentesco iniziò ad abbandonare le rivendicazioni settoriali, per diventare altra cosa.
L’intervento della polizia di Stato ebbe la conseguenza di “alzare il livello dello scontro”, come allora dicevano i leader del Movimento.
Dice ancora Ramundo: “Gli scontri furono un evento traumatico. Il confronto che fino ad allora era stato con l’apparato accademico divenne confronto con l’apparato dello Stato”.
Enzo Modugno, che fu poi uno dei leader del Movimento del ‘77, spiega: “Contestavamo la produzione, trasmissione e appropriazione capitalistica del sapere, un sapere reificato e incorporato nelle macchine. Gli studenti furono i primi a capirlo. Nasceva allora il nuovo capitale che ora si è preso il mondo”.

Insomma, non più Movimento degli studenti, ma movimento e basta, spesso poco controllato dai partiti a dai sindacati; movimento che, di lì a poco avrebbe dato vita a proteste e scioperi in tutta Italia e che sarebbe  culminato nell’autunno caldo del ’69 nelle grandi fabbriche del nord.
Fu un evento importante che indusse Pier Paolo Pasolini a scrivere un articolo rimasto storico; in sintesi, Pasolini rimproverava studenti universitari, spesso figli della piccola e media borghesia, di alimentare odio nei confronti dei poliziotti, figli invece di contadini e operai, che rischiavano la per una paga modesta.
Senza dimenticare le canzoni dedicate proprio all’avvenimento, da quella molto politica di Paolo Pietrangeli a quella meno impegnata ma ugualmente significativa di Antonello Venditti.

Reginaldo Palermo

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