La ministra Giannini confida alla stampa di non ritenere i sindacati “interlocutori privilegiati” nel confronto sulle linee guida. Affermazione a dir poco singolare, visto che si colloca in un ragionamento sulle modalità di retribuzione del personale, materia tipicamente contrattuale, sulla quale dunque non si inseguono privilegi, ma si chiede solo il rispetto di quanto le norme di legge prevedono. Non è questo per la verità l’unico tema su cui il documento del governo invade prerogative della contrattazione, ma è certamente quello in cui l’ingerenza è più palese, su un argomento – la valorizzazione del merito – che purtroppo ancora una volta viene dato in pasto alla pubblica opinione in termini di forzata semplificazione ideologica, stabilendo un’antinomia fra anzianità e merito che non trova riscontro in altri paesi. Anziché distinguersi da questi con discutibili autodecorazioni (“siamo innovatori coraggiosi”), si presti un minimo di attenzione alle obiezioni che sempre più frequentemente stanno emergendo rispetto a un’impostazione la cui portata innovativa, insieme alla reale efficacia, è tutta da dimostrare.
Non abbiamo mai chiesto in ogni caso, né chiediamo privilegi di sorta: siamo soggetti che agiscono nel sociale promuovendo condivisione e coesione, col senso di responsabilità che appartiene a chi punta a unire, e non a dividere, mettendo il bene comune prima e al di sopra di ogni interesse settoriale. È questo che ci dà titolo, per la rappresentanza che esprimiamo, ad essere attori nei processi di riforma, in una pratica di dialogo sociale che è cosa ben diversa da una semplice “consultazione” o da qualche sbrigativo sondaggio. Fare la caricatura del confronto: questo sì che rischia di essere un primato del nostro paese, di cui non ci sarebbe proprio da andare fieri. Ci auguriamo che le pretese di autosufficienza che si colgono in certe dichiarazioni non nascondano il tentativo di mascherare il pressapochismo che qua e là si coglie nel documento del governo su questioni che meritano ben altra profondità di riflessione e di discussione.
“Per fare la buona scuola – si scrive nelle Linee Guida – non basta solo un governo, ci vuole un Paese intero”. È troppo chiedere al governo e ai suoi ministri di mostrare un minimo di coerenza rispetto a un’affermazione così solenne? Le smanie di protagonismo hanno già fatto alla scuola italiana troppi danni, producendo da un lato pseudo riforme e dall’altro ostacolandone il cambiamento realmente necessario. Una storia che il Paese oggi non può più davvero permettersi.