Secondo il ministro Poletti i nostri ragazzi fanno troppe vacanze, sarebbe meglio che ne impiegassero una parte a lavorare. Possiamo perdonargli, con uno sforzo di generosità, la scarsa conoscenza di quanto accade nella nostra scuola, dove gli alunni fanno più o meno la stessa quantità di vacanze dei loro coetanei di altri paesi. Magari con scansioni differenti, che tengono conto di fattori diversi (soprattutto dei ritmi del sistema produttivo), ma sostanzialmente equivalenti in termini di quantità.
Si rassicuri il ministro Poletti, non è una scuola vacanzaiola la nostra. Ciò che invece ci sembra davvero imperdonabile, per un ministro del lavoro, è la seconda parte della sua esternazione: come può pensare che sia facile, al giorno d’oggi, per ragazzi di quell’età, trovare un lavoro – ci auguriamo si intenda lavoro regolare – di cui fare esperienza? Fosse anche solo per spostare le mitiche cassette di frutta al mercato? Sa quanti sono i ragazzi che non avrebbero certo bisogno del suo incitamento per cercare una piccola occupazione durante i periodi di vacanza scolastica? Pesano purtroppo su di loro, anche se meno drammaticamente, le stesse difficoltà con cui fanno duramente i conti le generazioni più adulte, a causa di una mancanza di lavoro che è la prima emergenza in assoluto da affrontare.
Piuttosto che immaginare “lavoretti” per i figli, si faccia di tutto perché siano i padri disoccupati a ritrovare un lavoro: è la loro, infatti, la “vacanza” di cui preoccuparsi, questa sì tante volte troppo lunga e troppo amara.
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