Tre giorni fa l’annuncio nientemeno che di una “conferenza nazionale sulla scuola”, oggi il “contrordine compagni”: sulla legge di riforma il Premier dice di voler “tirare dritto”, portandola ad approvazione in tempi così rapidi da risultare incompatibili con quelli di una consultazione vera. Se poi la conferenza, come riportato sulla stampa, fosse pensata come occasione per spiegarci quello che nel frattempo il governo avrà deciso, non avrebbe per noi alcun interesse né utilità.
Le aperture al confronto, sia pur condite col solito grazioso ricatto sulle 100.000 assunzioni usate per estorcere il consenso su scelte sbagliate, cederebbero dunque il passo a quel decisionismo arrogante con cui si è costruita pezzo dopo pezzo una riforma che l’intero mondo della scuola chiede da tempo di cambiare profondamente.
Un comportamento, quello del Premier, che se fosse confermato suonerebbe come grave mancanza di rispetto alla scuola e all’intero Paese, quello che avrebbe dovuto partecipare a costruire la “Buona Scuola” e che invece ha più volte mostrato di non condividere la legge che il Governo vorrebbe imporgli.
E’ ormai una sequenza infinita quella delle promesse non mantenute, delle parole dette e rimangiate, e se questo avviene da parte di chi ci governa non è un bel contributo alla crescita di fiducia nelle Istituzioni, fortemente legata alla credibilità di chi le rappresenta. In un momento come quello che l’Italia sta vivendo, servirebbero esempi e messaggi di ben altro segno.
Tornando al merito delle questioni che riguardano la legge di riforma, il Governo e il Parlamento hanno ormai abbondante documentazione delle numerose obiezioni, puntuali e argomentate, che da mesi sono rivolte nei confronti del disegno di legge dalla stragrande maggioranza di chi vive o si occupa di scuola..
L’opportunità di aprirsi a un ascolto di queste ragioni e di modificare ciò che nel testo non va, tante volte negata, può essere ancora colta, lasciarla cadere significherebbe allargare in modo forse incolmabile il solco che si è creato fra il mondo della scuola e una politica che continua a remargli contro. Non si cerchi di scaricare su altri responsabilità che toccherebbero per intero al Governo se a settembre la scuola ripartisse senza le risorse che le sono state promesse e con un carico ancora maggiore di disagi e tensioni.
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